Nonno sbobinato
[Questa conversazione l’ho registrata a Natale 2011. Era mia nonno]
Fughino
Nonno, bevi un altro bicchiere di vino che così diventi un po’ più allegro, che se no ti vengono i pensieri tristi. Del vino non ne voglio più. Nonno, racconti per favore quella bella storia? Di quella volta che si andò sul fiume? Esatto, quella. Me la racconti?
Avevo 2 amici che erano due birichini eh? Uno si chiamava Buslen – ai chameva Buslen – ma aveva un altro nome eh? Grazia Bouslen e l’altro, che era un ragazzo, figlio di un contadino di Miravalle si chiamava Parma e aveva un anno più di me.
Lui, questo qui, il capo, dice: “Titti, allora, siete d’accordo che facciamo fughino?”
Allora noi andiamo sull’argine dell’Idice, passiamo il fiume e poi andiamo a finire di là: verso Serra Malvezzi. E così, difatti, facciamo venire quasi buio e siamo ancora di là dal fiume.
Vi siete divertiti? Si. Allora, ascolta me, siamo piano, piano tornati di qua dal fiume. La mia famiglia e le altre famiglie che non ci vedevano venire a casa a un certo orario che era già sera, adesso non mi ricordo l’ora che passiamo il fiume e siamo arrivati a Miravalle, ma ad un dato modo troviamo la salita per andare nel fiume e passare di qua, proprio vicino a casa. E allora, allora ognuno è andato a casa sua. Le famiglie sono rimaste meravigliate dopo tante ore così.
Erano tutti preoccupati? Si.
Allora devi sapere che la mattina andiamo a scuola e la nostra maestra è una maestra che da San Martino a Miravalle c’era una villa, non era la sua però il marito della Signora faceva il fattore dei contadini e lei la maestra. Allora – per tenerla corta – questa maestra che era brava sai? Devo dire la verità, quando ci vede al mattino andare a scuola ci dice “Vu eter, ma dove siete stati allora?” Glielo abbiamo raccontato, io glielo ho raccontato, allora mi fa con me: “Tu Titti – perché a me mi chiamavano Titti – stai zitto, voglio che parla Grazia che lui è il capo, io lo so”. “Ma maestra guardi, abbiamo pensato di fare fughen perché avevamo voglia con la giornata così di stare fuori”.
Devi sapere che la maestra aveva uno di quei pampignan che adoperano per i cavalli, per frustrarli, però senza il cos, come si chiama, la cima. Dis: “Adesso vi do un po’ di lezione”.
A me mi diede due pacche sul collo e a Buslen lo videro che pep, pum, pam. Bé insomma, andò così Francesca, però ti dico un fatto, una maestra così, devi sapere che io in quegli anni, la mia famiglia mi teneva a casa anche per andare a lavorare, pensa te come era allora … Così, allora cosa succede?
Succede che sono dietro che faccio la quarta elementare e quando sono due mesi che finisce la scuola mio babbo mi tiene a casa da scuola. Perché? Dovevi andare a lavorare? Dovevo andare a lavorare. La maestra, Francesca, mi mandò a casa la pagella: “Fabbri Celestino passato in quinta”.
Io, per la verità, non ho mai visto la quinta.
Mi voleva un bene la maestra, io ti dico la verità Francesca, a scuola quel poco che sono andato, in matematica, così piccolino facevo dei conti, anche a mente, che senti mo’: uno spettacolo! Sono sempre stato bravo.
Ah per la matematica, anche dopo alla guerra, una cosa o l’altra, che io lavoravo anche con il bestiame, quando andavo al mercato delle bestie che un toscano mi chiedeva questo e quell’altro, io non ho mai preso la carta per fare i conti, quando mi chiedevi così a tronco quant’è quel peso lì, io dicevo “guardi è quel peso lì” e di solito ci prendevo.