C.v.d. Un’altra occasione mancata per non dire cretinate sui blog
Li stavamo aspettando al varco. Prima Perugia e i blog di assassini e assassinati, poi la strage finlandese con videopresentazione su Youtube.
“Piatto ricco mi ci ficco!” recitava un famoso film dei tempi miei… e io lo avevo pure profetizzato 2 post fa.
Ecco un generalista quanto qualunquista articolo, comparso su Repubblica on line. Dove, come in un minestrone cucinato con gli avanzi che hai in casa, si mischiano luoghi comuni sulla Rete e sulla solitudine della “generazione you tube”.
Cito alcune perle:
” Quali sono le ragioni che spingono un numero crescente di persone, sempre più giovani, verso questo altrove? La risposta, probabilmente, si chiama “SEM”, acronimo che comprende Solitudine, Esibizionismo, Mercato. Tutte e tre le componenti esistono da tempo, ma nell’universo parallelo si coalizzano. Prendiamo il blog. In fondo è la versione contemporanea del diario. Il diario è, inevitabilmente, solitudine. Lo si scrive in prima persona, in una stanza chiusa, soli contro il mondo, confessando, analizzando, per abitudine adolescenziale, suggerimento del terapista, ossessione di documentare, almeno a se stessi.
Nella sua espressione primitiva il diario era segreto: un quaderno con il lucchetto, riposto in un cassetto chiuso a chiave, in una stanza nella quale era proibito l’ingresso. Violarne l’intimità era considerato peccato mortale, del genitore o del partner. Nella solitudine odierna si compilano blog. L’esibizionismo spinge a metterli in rete, a disposizione di chiunque. Tutti possono sapere non soltanto le opinioni politiche di Tizio. com, ma anche le peripezie sentimentali e sessuali di Caia. org. Se, in una qualsiasi sala chiedete di alzare la mano a chi è stato almeno una volta ripreso dalla televisione vedrete metà delle persone sollevarla. Le altre tengono un blog. È la rivincita degli esclusi. Di più: è la speranza di accedere al mercato. Gli editori solcano la rete in cerca di blog da trasformare in libri. I casi non mancano. E non si limitano al giovane che mandava dispacci da Bagdad in guerra, comprendono anche la ragazzina che racconta le sue esperienza sadomaso. Da sola che era, attraverso l’esibizionismo è arrivata al mercato.”
Al dottor Gabriele Romagnoli vorrei rispondere che il blog non è SEMPRE solitudine e che anzi può essere un modo per condividere esperienze, pareri, argomenti di interesse o semplicemente per raccontare degli aneddoti.
Raffaele Sollecito – il presunto assassino di Perugia – teneva un blog perché era andato in Erasmus e stava vivendo un’esperienza particolare. Lo fanno in tanti. Non conosco altri che abbiano sgozzato una coetanea.
Succede. Non credo ne’ che il blog rappresentasse lo specchio di una sua presunta solitudine interiore, ne’ che sia sintomo di problemi a socializzare.
Come scrive S. Maistrello nel bellissimo La parte abitata della Rete, viviamo in un mondo in cui non siamo più abituati alla condivisione e ci spaventa. Il blog abbatte le barriere dell’individualismo e ci costringe, nell’interazione con altri blog, con i propri lettori, a condividere, a mettere in campo pareri e a motivarli.
E spesso i blogger hanno vite piene, complicate, ricche di esperienze e hanno scelto di metterle in campo, ognuno nel suo modo, con il proprio registro, con i propri angoli raccontati e non, con la propria sceneggiatura.
Si tratta forse, veramente, di esibizionismo, ma almeno è costruttivo, nella maggior parte dei casi, su se stessi e su un piccolo giro di lettori, compartecipi. Io ho imparato molte cose leggendo i vostri blog. Ho sperimentato metodi nuovi per la frollina, per farla dormire o mangiare e mi sono molto rassicurata perché non ero sola, nell’esperienza di madre. Ecco, per me il blog è stato proprio tutto il contrario della solitudine.
Di concerto, ho potuto comunicare velocemente e con un mio stile che mi piace esercitare, a tutti coloro che seguono le peripezie di mia figlia, gli amici, i parenti lontani, coloro che mi hanno nel cuore.
E poi altre persone, nuove, mi sono entrate nel cuore, grazie al blog. Altri blogger. Ma tra loro non ci sono persone sole che curano la loro solitudine con questo mezzo, ne’ esibizionisti – nel senso più diffuso del termine.
Ci sono delle storie. Storie che altrimenti, tutte insieme, non avrei potuto conoscere e da cui non avrei potuto imparare quello che ho imparato.
E’ vero, tra queste storie ci sono anche dei pazzi scatenati, oppure dei cinici pezzi di mmerda che fanno stragi o per divertirsi disprezzano la vita altrui, ma questo accade in qualsiasi società.
Per finire, voglio dire la mia su un punto dell’articolo, che mi ha particolarmente innervosito.
Quand’è che i giornalisti la smetteranno di usare come il prezzemolo ‘sta storia dei blogger che aprono il blog nella speranza di essere scoperti da editori per scriverci su un libro? E poi, francamente, questo uso della parola “esclusi” mi repelle.
Perché
a) forse Gabriele Romagnoli non sa che il blog – per sua natura – è un mezzo che raramente può raccontare bufale. Se tu scrivi bene, lo fai anche se un blog non ce l’hai, se non è così, stai pure sicuro che la cosa esce ed esce prepontemente. Quindi fare “mercato” come lui dice, con un blog, non è da furberrimi, se non ne hai le possibilità.
b) questa logica del mercato, del marketing in senso classico, del metto in rete così guadagno, non funziona dai tempi della bolla di Internet, che io non avevo ancora scollinato i 27 anni.
c) non facciamo di tutta l’erba un fascio, che a banalizzare siamo tutti capaci. Forse alla casalinga di PoggioRusco le fa pure comodo, che la parola blog le fa venire in mente solo le pantegane del Po, ma se il ruolo sociale dell’informazione deve essere anche quello di approfondire e di fare conoscere le cose, rimanere su un livello di superficie, alla lunga non fa bene a nessuno.
d) mi pare che i veri esclusi siano coloro che – in maniera del tutto snobistica – si sono accorti tardi del grande potere che hanno i blog sull’opinione pubblica, giornali e giornalisti inclusi. Fior fiore di politici hanno iniziato una buffa e scordinata corsa al blog, inseguendo il caso Grillo, una lotta all’inclusione in un mondo sempre più vasto e determinante sulle opinioni della gente, dei votanti, dei cittadini.
In questo preciso momento della mia vita mi sento proprio l’emblema del fatto che blog non è sinonimo di solitudine…ma che minchiate che dicono a volte i giornalisti!!!
incredibile quante ca–ate…
mi sa che l’articolo c’è anche sul quotidiano in carta.. più tardi lo leggo… ma per quello che capisco da qui sono d’accordo pienamente con te. soprattutto sul concetto di esclusione.
intanto noi aspettiamo d’incontrare la Coniglia… alla faccia della solitudine!
E tutti per uno, guarda il blog di Mastella e ridi a crepapella!!!
Applaudo e sottoscrivo. E mi rifiuto di essere etichettata e gettata in quanto blogger in una presunta “generazione You Tube” (sic) da una persona incompetente che mescola blog e You Tube in un calderone indistinto e nell’articolo accusa chi fa uso di quei mezzi di mandare il seguente messaggio: “Guardami, sono solo, non ho niente da dire, ma dedicami la tua attenzione, ascoltami, leggimi, comprami o ti sparo e poi, forse, mi sparo”.
Ecco. Forse saremo un po’ esibizionisti, non lo nego. Ma di tutta le gente che ‘frequento’ on line, di tutta la gente che leggo con interesse (te, ad esempio, Panzallaria, anche se non ho mai commentato) perchè trovo più contenuti in certi blog che in certe riviste femminili “Piùmagreinsettegiorni” o “Fregatenedelfreddoquestinvernovadimodalascarpaaperta”, di tutta la gente che ho conosciuto prima ‘su internet’ e poi ‘dal vivo’, non c’è NESSUNO che possa essere anche minimamente somigliante alla presunta analisi socioantropol(l)ogica di questo articolo. Sgrunt.
Il problema è sempre lo stesso: GENERALIZZAZIONE…”I rumeni sono tutti delinquenti!”…””I blogger tutti emarginati o esebizionisti”…che noia, che pochezza, che barba!
Una sola notazione, poi magari tornerò sull’argomento.
A livello di critica cinematografica, i bloggerz validi sono una decina di volte più competenti dell’80% dei critici che scrive su testate giornalistiche nazionali.
E’ un’abitudine purtroppo molto diffusa quella di demonizzare le novita’ o le cose che non si conoscono, anziche’ mettersi a fare il lavoro di seguirle, studiarle, osservarle, rifletterci su.
E’ meno faticoso… si prendono due frasi fatte, qualche luogo comune, il pretesto di un caso-limite et voila’: l’articolo e’ scritto senza aver consumato nemmeno un grammo di cervello!