Modena’s Time

Eccoci con una nuova puntata de ” i lavori di Panzallaria“.

Estate 2003. Ritorno in Emilia e un po’ Romagna con le mie valigine piene di amore. Pronta a partire con la grande avventura della convivenza nonmatrimoniale col fidanzato, che mi ha atteso per due anni, mentre vagolo per il NordItalia, in cerca di una dimensione professionale.

Trasloco tutte le mie cose dalla casettagiovaniltrappolona dove i mobili stanno prendendo polvere, data la mia lunga assenza.

Mischio – ma non troppo eh? – i miei libri con quelli di Tino, attenta che su ognuno permanga il timbrino della mia personale biblioteca, quello che mi ha regalato la Magretta qualche anno prima. Che io non sono mica come certa gente che i libri li fa viaggiare e li regala, tze!

Poi vado al mio colloquio modenese. Con tanta fiducia nel futuro. E scopro che hanno proprio bisogno di me, in questa granderrima agenzia di comunicazione.

Il capo è un comunicatore, le sue frasi tipo sono le principesse della fuffa: “fantastico, cioé volevo dire che si il tuo lavoro mi piace e allora dai che sfondiamo, dai che ce la fai a finire anche questo lavoro nella maniera meravigliosa che sei, ma cioé se tu potessi, no certo hai capito, so che non è un problema per te fare straordinari perché sei fantastica, lo so”

L’ufficio è stilosissimo.

I colleghi sono fighettissimi, a parte quelli che stanno in stanza con me. Perché- si sa -quelli che vivono a contatto con l’informatica sono tutti un po’ troglo.

E allora sono l’unica donna. E c’è il Signor Mitirailculo che un giorno saluta e l’altro no. Sono ben strani questi modenesi…

Un giorno è simpatico, l’altro lo strozzerei. Un giorno è carino, l’altro rutta e scoreggia e magari la sottoscritta è al telefono con un cliente importante. E quando gli dico scusa, signor Mitirailculo, potresti andare alla toeletta a far le tue cose puzzolenti, bhè lui che è un duro mi risponde che no, che ci andassi io alla toeletta, che lui soffre di aerofagia e mica può passare tutta la vita alla toeletta, ma come sono insensibile io verso le minoranze intestinali, merito proprio di stare con il naso in direzione del suo culo, mi sta proprio bene io che non penso ai problemi di ventosità dei miei colleghi.

Il capo intanto frulla qua e là e ogni tanto dice che è tutto “fantastico” che io sono “mitica” e che il mio lavoro è “meraviglioso”.

Solo che dopo un po’ non lo so nemmeno più io qual’è il mio lavoro. Perché lui va e viene e ci sono intere giornate che sto a girarmi i pollici. Molto ben pagata, intendiamoci, ma comunque mi giro i pollici. Ed entro in depressione da una che ha studiato un toto e se mai si è pure messa di impegno sulla letteratura e le parole belle e sul web in tutte le sue accezioni e ora si ritrova a girarsi i pollici. Ben pagata, si intende, ma pur sempre a girarsi i pollici.

Mi ritrovo a guardare le tette della Ferilli su Internet con il Signor Nonsonoilfigliodellaschifosa, l’altro mio collega, più simpatico del primo ma leggermente antisociale.

E poi – diciamolo – per essere una che lavoralavoralavora girandosi spesso i pollici, mentre il capo dice “aspetta, aspetta che sta per arrivare un lavoro FANTASTICO!” mi girano un po’ i maroni, che di treni non ne posso più e anche questa breve distanza ruba tempo alla mia vita.

Perché sulla linea ferroviaria Bologna-Modena-Bologna ne capitano di tutti i colori. Non solo è la tratta preferita dai suicidi, ma spesso i macchinisti  a CastelFranco imboccano il binario sbagliato e si passa ore a tentare la retromarcia con il treno.

E allora sui cartelloni della stazione compaiono scritte inquietanti del tipo “il regionale pincopallo ha un ritardo indefinito” che lasciano spazio a immagini truculente, di te che dormi alla stazione di Modena, dopo una giornata di pesante lavoro a tirarti i pollici o a produrre forsennatamente e poi arriva qualche barbomaniaco da stazione, ti violenta tutta la notte e la mattina dopo ti riaccompagna al tuo lavoro, mentre il capo ti dice che “questa mattina, cara Panzallaria, sei davvero FANTASTICA!”.

Insomma, 30 kilometri da sudarseli tutti, tra la via Emilia e il West. E un giorno di ritardo indefinito succede che Tino si rompe di sapermi alla portata di BarboManiaco e – in una sera fredda e tempestosa – salga in sella della Vespina (unico mezzo di trasporto di noi novelli nonsposini) e venga – prode eroe – a prendermi a Modena.

Succede che io ho la gonna, che è dicembre e che noi torniamo a Bologna con il freddo e il gelo cantando Alla fiera dell’Est e che io non riesca nemmeno a scendere dallo scooter perché ho le ginocchia surgelate.

Ma sono a casa. Viva e vegeta e domani inizia un’altra giornata di lavoro. Una giornata FANTASTICA.

I primi 6 mesi di questa vita professionale (quella privata è una meraviglia, ma non siamo qui per parlare di piccipocci) resisto. Resisto ai rutti e alle scoreggie di  Mitirailculo, alle donne nude di Nonsonoilfigliodellaschifosa e al clima FANTASTICO che si respira nell’ufficio del capo.

Resisto a pranzi con colleghe che parlano solo della palestra e dei fidanzati. Resisto al treno e alla vita di pendolare diurna.

Poi, quasi quasi scoppio. Per fortuna c’è un faro nella mia vita professionale che si chiama Daniela. Un faro di amicizia e con cui condividere neuroni (che a volte temo i miei si spengano in questo ambiente…) e pendolarismi.

Ma anche con questa simpatica collega al mio fianco, non è che poi mi sembri tutto tanto FANTASTICO.

E’ un anno duro durerimmo. In cui oscillo tra la voglia di mollare tutto e la sensazione che tutto quello che ho studiato è fumo, fumo nei miei occhi.

Qualche sera piango con Tino.

Qualche sera mando curricula. Ma niente. Nessuno risponde.

Poi un giorno mi arriva una mail. Mi scrive uno da cui – pensa te! – ero andata a fare un colloquio un anno e mezzo prima, mentre camminavocamminavo per Torino.

Mi dice che al Museo dei Balocchi, nel posto caio, stanno cercando una persona e che lui ha pensato a me, che gli sembro proprio quella adatta.

Il Museo dei Balocchi è a Bologna. La parola Museo risveglia i miei neuroni. E allora vado ai 3 colloqui. Vengo presa in questa piccola piccolerrima associazione – ruolo imprecisato – del Museo dei Balocchi, un’associazione a tutela dei giochi e dei giocatori.

Vado dal mio capo modenese e gli dò la notizia della mia dipartita. Lui mi guarda e mi dice “cioé, non è che non mi dispiaccia, anche perché so che tu sei una MERAVIGLIOSA professionista, cioé so che tu ti impegni molto e la nostra società ha bisogno anche di gente come te, ma anche se trovo che comunque tu sia brava, penso che questo lavoro che ti hanno offerto, motivo per cui, cioé, mi sembra inopportuno rifiutare, sia una cosa davvero…”

FANTASTICA!!!!!

Ma questa è la storia recente. Quella della prossima puntata. Quella che si avvicina al presente.

14 commenti
  1. Giuliana Cupi dice:

    Cara carissima Panz,
    questo post avrei potuto scriverlo io (a parte la parte – oops! – sui colleghi, ché gente così per quanto me ne siano capitate ancora non l’ho avuta tra i piedi, ma c’è sempre una prima volta…), è tutta una vita professionale che mi giro i pollici e NON NE POSSO PIU’!!!!!!!
    Lo prendo come un invito a non mollare le speranze, a mandare CV ancora e ancora e a confidare che QUELLA mail arriverà…
    Baci
    Giuliana

  2. Aliciotta dice:

    ma che schifo lo scorreggione???? bllll…come hai fatto a sopportarlo?
    sono rimasta scioccata!. Vabbè cmq buon matrimonio e mi raccomando divertiti e goditi il tuo maritino. Il tempo qui a Milano è buono anche se un pò freschino…non veniere troppo sbracciata altrimenti ti becchi il raffreddore come me adesso…

  3. Panzallaria dice:

    anche io, cara aliciotta, non volevo credere ai miei occhi e alle mie orecchie e non sai l’imbarazzo quando ai clienti dovevo chiedere scusa, inventandomi che un collega aveva lasciato la radio troppo alta…

    non è stato un bel periodo

    😉

    giuli: ti sei rincuorata perché non hai sentito il dopo…;-) no, scherzo, dopo almeno di lavoro ce ne era, anche perché lavoravo più o meno per tre!!!

  4. Giuliana Cupi dice:

    Una media accettabile mai, vero? Spero che il cumulo di lavoro non mi arrivi verso i sessanta, quando grazie alla nuova legge sulle pensioni ancora sarò a faticà…
    Buon we!
    Giuliana

  5. LaFrancese dice:

    …e siamo arrivati al paese ehm museo dei balocchi, non vedo l’ora di leggere il seguito! sai per una che è 10 anni nella solita pazza azienda sembrano peripezzie stratosferiche le tue…

    baci

  6. la coniglia dice:

    la cosa che più adoro nei tuoi racconti sono i soprannomi. Ho le lacrime agli occhi…mintrainculo….mamma mia!!!posso riutilizzarlo per chi dico io???(forse capisci anche per chi 😉 )

  7. Rosy dice:

    Mio marito ha descritto i suoi quasi-colleghi modenesi allo stesso modo.. E non solo i colleghi: già guardando le vetrine dei negozi ci si fa un’idea 😛
    Vabbè.. la cosa importante che volevo dire è CONGRATULAZIONI! In bocca al lupo con il nuovo lavoro :O

  8. Silvia dice:

    Anch’io non vedo l’ora di leggere il racconto del museo dei balocchi……….. 😉
    Buon matrimonio e un bacino alla Frollina!
    A presto Silvia

  9. robbi dice:

    confermo, siamo morfologicamente diversi dalla razza umana.
    come si dice in dialetto “‘a sam propri di bei usel”. Traduco: “siam proprio dei begli uccelli”.

    saluti a tino.
    ps. ma lo sai che da quando mi hai raccontato che pensavi che se uno ci aveva la macchina grossa allora era di modena vedo il mondo sotto un altro aspetto?
    Giuro. Sono di modena, lavoro a bologna e io ho la macchina più grossa di tutti. Una punto. Tutti i bolognesi hanno una smart.

  10. sonia dice:

    Panz è andata bene, che il tuo in bocca al lupo abbia funzionato? Grazie e buon fine settimana!
    sonia

  11. Dani dice:

    Madonna stavo a morì dalle risate!!! Tutto ciò che hai scritto si avvicina pazzescamente alla mia incasinata vita lavorativa…
    Baciottoli panz!!

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