Sul lavoro: la gavetta di una fanciulla in fiore
Mi hanno colpito molto i commenti che avete fatto, ieri, al mio post. Così ho deciso di approfondire l’argomento “lavori di Panz” in una serie di post a puntate, visto che non è che ne parli spesso.
E voi direte – sti cazzi! e che me ne frega??? – ma visto che il blog è come una vagina ed è mio e ci faccio quel che voglio, ora vi cuccate i post tematicocurriculari e se no cambiate canale.
Iniziamo dal primo capitolo della saga che titolerò: “La gavetta di una fanciulla in fiore”
Ho iniziato a lavorare molto presto, che a 17 anni insegnavo nuoto e tenevo i bambini in piscina d’estate, nella piscina del mio cuore, al paesello.
Poi quando mi sono inurbata e ho iniziato a fare l’Università, bisognava che il lavoro fosse comodo come orari e poco impegnativo mentalmente.
Ho fatto la postina per un po’, ho fatto pure volantinaggio, capitando in paeselli della padania talmente brutti da farmi ringraziare il Creatore di vivere nella RossaeGrassa.
Poi è capitata l’occasione.
E per 9 buoni annetti – tra l’inizio degli studi matti e disperatissimi all’ Alma Mater e la fine e la partenza per Milano – ho vissuto in una modesta e autonoma abbondanza economica.
Ma facevo un lavoro che forse se ve lo racconto bene, quelli di voi che pensano che la Panzallaria sia etica e sostenibile e solidale, prenderebbero i propri straccietti e se ne andrebbero per sempre dalla mia casetta virtuale.
Era una specie di call center ma non proprio. Era una specie di esattoria delle tasse, ma non proprio. Era una specie di lavoro serale, ma non proprio.
Ma mentre la zoccola – lo so che c’avete pensato! – la facevo solo per piacere, lì mi pagavano pure.
Telefonavo a tante persone, alla sera durante il desco familiare e dovevo chiedere a queste tante persone di saldare i debiti che avevano con una nota finanziaria della zona.
Tutto legale eh?
Ma un lavoro da schifo.
Non fosse stato per il fatto che eravamo tutti ragazzi universitari, che ho conosciuto un sacco di persone meravigliose e mi divertivo alla faccia, manco fossi alle elementari, e alla sera, dopo la fine del nostro triste mestiere, si usciva a bere e a ballare e a volte anche a scopare, perché era proprio un posto di varia umanità e c’erano quelli che si intortavano in ufficio e poi costruivano relazioni fuori e alcuni pure convivono ancora e si amano e altri invece non si guardano più in faccia perché è finita male e altri ancora non hanno scopato ma forse si poteva fare e insomma è stato un bel periodo e io mi ricordo che mi divertivo a far finta di essere un cliente scontento e chiamavo per scherzo i miei colleghi e gli facevo passare delle brutte mezz’ora e tutti lo sapevano che Panzallaria era quella degli scherzi e quando arrivava uno nuovo era il battesimo e ci chiudevamo in una stanza in 15 e io telefonavo a quello nuovo che cominciava a sudare quando gli facevo proposte sessuali per saldare il mio debito e poi si rideva alle sue spalle e anche davanti che quando veniva fuori che ero io a fare questi scherzi, il nuovo capiva in che covo di matti era andato a cacciarsi.
Si facevano le feste di natale in ufficio e durante queste feste succedevano cose e si scopriva che semmai il tuo vicino di banco, quello che chiamava i clienti affianco a te, era anche un amante della lirica e sapeva a memoria tutte le Arie e aveva pure recitato in un film che tu avevi visto e in una pubblicità nota-notissima e le fan gli scrivevano e tu mai te ne saresti accorta.
Oppure – in queste serate di telefono caciarone e esattoriale – lo sborone della situazione ti raccontava di tutte le sue donne, di come trombava davanti alla telecamera e di come le liquidava in fretta e furia se si innamoravano e tu “ohhh” facevi quella che si stupiva e la moralista, che ti riusciva bene ma solo per scherzo.
E poi telefonavi a clienti che si chiamavano GiuseppeGaribaldi e Tonino Pompino e dovevi inspirare profondamente per non ridere a chiedere del signor Pompino che si inventava sempre scuse per non pagare e una volta mi ha detto pure che gli si era rotto l’elicottero e visto che abitava su una porta aerei a largo di Messina, allora non era potuto andare al paese a pagare per via dell’elicottero rotto.
Oppure la signora Matilde da Cagliari che non aveva pagato perché “c’aveva delle preoccupazioni” per via della figlia a cui erano venute le mestruazioni ma aveva solo ottoanni ed era alta unmetroe38.
E poi c’erano quelli che malgrado il debito, si affezionavano. I vecchierelli che ti chiamavano mille volte e ti raccontavano del figlio sposato e ti dicevano che avevi la voce come quella della Maria che avevano conosciuto durante la guerra che erano a Bologna e si erano innamorati ma poi la Maria era scappata in America e a loro gli era rimasta questa cosa, che ogni volta che sentivano una ragazza parlare in emiliano, ogni volta a loro gli veniva in mente la maria e piazza maggiore al tramonto durante la guerra e loro che parlavano d’amore.
E quelli, malgrado non fossi molto etica e sociale e solidale, sono stati proprio bei tempi.
Perché del lavoro mi importava che ci fosse la sussistenza e mi realizzavo nello studio della filologia italiana e perché c’erano gli amici e mi divertivo ad andare a lavorare e quella era un po’ anche una casa accogliente che non credo che sia un caso che tutti gli anni facciamo una festa con gli ex colleghi ed è come trovare e incontrare di nuovo i compagni della Leva o quelli della scuola.
Ma quel periodo è finito perché sono diventata grande e dopo che mi sono laureatainTabucchi e amavo Tino che mi faceva sentire una persona importante e mi ha fatto scoprire che posso fare tutto e non sentirmi sempre solo una cacca fallita, dopo io sono stata presa ad un Master a Milano per progettare e scrivere e conoscere il web e allora mi sono licenziata e sono partita.
Ma questo ve lo racconto la prossima puntata.
Ossantocieloooo! Ma sai che forse ci conosciamo davvero?!
Però forse il colloquio te l’ha fatto la mia capa? Ma tu eri stata mandata da Davide?
Avrei tanto da dire anche sulla mia attività al Cesia 🙂
Diciamo che la mia capa non brillava per le sue grandi capacità, nè per la sua grande voglia di lasciarmi un po’ autonomamente fare il mio lavoro 🙂
Comunque alla fine ci hanno mandati via tutti… tanto per gradire: tagli di bilancio, consulenti OUT.
ero io!
😉
il mondo digitale sta diventando piccolo, oppure io sono troppo trafficona, i legami si stanno facendo sempre più intersecati…
😉
Durante gli studi ho fatto la receptionist in quella ditta abbastanza conosciuta che fa macchinine rosse con sopra un cavallino nero che si impenna…. un delirio!
I Krukki impazzivano per la F1 che avevamo esposta nell’atrio, era impossibile tenerli lontani.
Un giorno la receptionist napoletana, sfoggiando il suo perfect inglisch e il suo perfetto self control esce verso un vichingo a dorso nudo sceso a farsi immortalare davanti all’azienda e gli urla:”SCHIUSMI…TIS IS NOT FERRARI BICCCH”…
Mi sarei sotterrata al posto suo….
Poi un giorno è arrivato un Fotoreporter a chiedermi le chiavi del suo ufficio…e gli ho dato, comprese nel prezzo, anche quelle del mio cuore…
…insomma, forse se avessimo fatto le studentelle mantenute a vita le nostre esistenze sarebbero state abbastanza diverse…ma sicuramente molto più grigie…
@ rebecca
Questo, secondo Leopardi, avverrebbe perché la vita peggiora continuamente, e perché le cose acquistano differente coloritura (sempre in meglio) a distanza di tempo…
carramba che sorpresa!!!! ora mi metto un caschetto biondo platino e faccio la carrà… hi hi.
A parte gli scherzi, mi sono scompisciata a leggere il tuo racconto del call center e mi è venuto in mente di quando anch’io qualche anno fa lavoraro per la mitica Postalmarket. Facevo l’operatrice telefonica….”Postalmarket buongiono sono Antonella mi dica…..” non ti dico che personaggi chiamavano….bei tempi però!
bei tempi davvero, quelli dell’università.
la fregatura è che te ne accorgi quando ormai sono passati da 20 anni.
sigh
OT: ogni tanto per la strada vedo una mamma con bimbilla e mi dico che siete tu e la frollina.
poi mi chiedo se sia considerato insano fermare le mamme con bimbille chiedendo loro se sono panzallaria con frollina…
insomma: fatevi riconoscere voi, al limite, ok?????
billo
@Dottor Carlo: mica vero, il caro giacomo aveva torto… le mie migliorano, ma quelle passate sembrano più belle ora che allora!
Tsè, scusate, ma io ho lavorato due anni e mezzo all’892424… mi fate un baffo, con i call center 🙂
“Pronto pagine gialle buongiorno sono Barbara come posso aiutarla?”
Per anni ho continuato a rispondere in questo modo anche al cellulare 🙂
Panz, sei troppo simpatica! Ti leggo da un po’ e volevo dirti che sei davvero esilarante. Ci credo che vi divertivate al callcenter!
Ma dai panz… come facevi a non ridere durante gli scherzi al telefono con 15 persone nella tua stessa stanza??? Io sarei morta dalle risate già mentre componevo il numero…
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Bello l’inizio della tua carriera… Sai come ho cominciato io? Volevo diventare una grafica… avevo puntato uno studio di grafica e design… cercavano una segrataria e io mi sono fatta avanti… Praticamente per quasi un anno ho fatto prima nota, protocollo posta in arrivo e in uscita, e ovviamente l’immancabile “pronto bradley, sono giovanna, come posso aiutarla?”. Poi al momento del bisogno sono entrata nel reparto grafico e ci sono rimasta per tre anni e mezzo… e dopo questo lavoro ne ho cambiati altri 200… ma questa è un’altra storia!!!!!!!! 🙂
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Belle le gavette però…
panzabella, un po’ la storia la sapevo, ma così ricca di particolari divente assai più succulenta….
e poi, tu ci hai fatto un post, io ci ho fatto uno spettacolo, magari leggendoti mi viene l’ispirazione e scrivo il secondo atto…
uh panz che bel racconto!!!!Ottima la storia della mia conterranea…e chissà che aveva combinato la figlia!!!Io un lavoro così non l’ho ancora trovato. Il coniglio si e ora che è terminato e ha cambiato lavoro lo rimpiange amaramente…
la cosa bella di quel posto è stata la possibilità di conoscere tanti matti come te che eri la regina!
Su questo post devo proprio inserirmi. Gli anni passati ad incassare “il pizzo” da veri esattori della “mala” (ma una mala legale eh?) sono stati veramente una esperienza senza uguali. Ce lo siamo dette un sacco di volte. Il legame che quella convivenza serale, fatta di risate tra noi intervallate da qualche travaso di bile al telefono con la sig.ra Assunta Troia (ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale), ha creato tra molti di noi è stata proprio una sorpresa. Perchè è qualcosa che non esiste solo tra chi, come me e Panzallaria, è diventato anche proprio amico, ma esiste anche con chi, magari, non vedi per anni e incontri casualmente per la strada. E’ come avere fatto il militare a Cuneo insieme!
Cameratismo lo chiamerei.
E poi quante storie di vita abbiamo sentito da persone che non conoscevamo affatto, quanti aneddoti e quante scuse vero o finte ci hanno raccontato gli amati debitori!!