I nidi
La mia casa è piena di nidi.
Abbiamo stanze, librerie e armadi pieni di roba accumulata negli anni e non troviamo le cose che ci servono.
Abbiamo unito due vite e sembra che tutto si sia moltiplicato al quadrato; io che sono una “nidarola” sempre stata itinerante, da anni mi porto dietro tutta la mia roba.
Tino ama i libri e i dischi.
Il gioco è fatto!
Stipiamo armadi dei vestiti degli zii che abbiamo molto amato. O di quelli che indossavamo a 15 anni ma che ci ricordano qualcosa di importante.
Io conservo tutti i miei diari dell’adoloscenza: dai 10 ai 17 anni riempivo quaderni interi di memorie.
E avevo l’abitudine, per ogni giorno, di incollare alla pagina scritta anche un ricordo, così questi quaderni sono divenuti dei veri e propri reliquiari.
In alcune pagine ci sono foto, in altre biglietti sbiaditi di autobus di altre città, in altre ancora capelli tagliati, sia miei che di qualche grande amore.
Sono stille di memoria, ma occupano spazio. Nel cuore e in casa.
Per non parlare dei testi, saggi e altro, che ci servono per lavoro.
Per non parlare dei progetti.
Di tutti i lavori portati a termine e non.
Cassapanche in cui alle lenzuola si mischiano i business plan e la contabilità fa odore di naftalina.
E da quando è arrivata frollina, insieme a lei sono giunti tutti i gadget bambineschi.
Altra roba a cui trovare posto.
Da quando aspettiamo frollina, io mi sono fissata di ritagliarle spazio nella nostra casa. Uno spazio suo, che racconti la sua storia.
A ottobre abbiamo sistemato la stanza dove prima lavoravo e che parlava di una coppia di giovani senza figli.
Abbiamo tinteggiato.
Abbiamo svuotato la libreria per dare spazio ai giochi e ai libri che sarebbero arrivati.
Abbiamo eliminato una scrivania, decidendo che entrambi avremmo lavorato sul mio tavolino di legno.
Tutto sembrava condursi per la via di una decente cameretta da infante.
Poi frollina è arrivata e con lei la consapevolezza che non potrà godere della propria stanza prima di qualche mese.
E come folletti del bosco incantato, sono ricomparsi i nidi.
Si sono riassembrati libri, quaderni, penne, cd riscrivibili, giornali vecchi, album di foto. Tutto sulla libreria della sua stanza.
Abbiamo coperto le cose che ancora non usiamo per la pupa, e i gatti ci hanno costruito sopra la loro casa. Abbiamo stipato sugli armadi le scatole di giochi, tappeti della chicco e dondoline per bambini.
Album di foto pieni e foto sparse.
E poi tutti i bigliettini di chi si è congratulato con la nuova arrivata. E i giochi, le tutine e tutto quanto.
La cassapanca rimane stipata di roba che non so nemmeno da dove arrivi. Molte cose sono semplicemente icone del tempo che è passato.
Biglietti del cinema.
L’abbonamento dell’atm, quando abitavo a Milano.
C’è su una vecchia fototessera di quelle che ti rimangono spaiate. Avevo 20 anni forse.
Sorrido al mondo che mi cambia sotto il naso. Il mio piccolo grande mondo.
La foto di me che abbraccio un’amica che non vedo più. Ci affacciamo da uno scivolo, accanto ad un lago di montagna.
La foto ce l’ha scattata un altro amico che non vedo più.
Chissà dove sono tutti loro. Perché poi ci siamo persi per strada?
La pagella della II elementare è sbiadita incastrata in mezzo ad un plico di lettere. In fondo alla cassettiera piena dei miei nidi.
“Una studentessa diligente, piena di fantasia e portata per l’italiano” sfuma nei “ci siamo molto amati e ora mi manchi tanto” delle lettere appassionate con il mio primo amore, a 18 anni.
Ritrovo una cartolina che la mia amica S. mi scrisse da Modena quando avevamo 9 anni. c’è su scritto “anche se abitiamo lontane, mi piacerebbe diventassimo amiche”.
S. è stata a trovarmi a casa con la sua bimba proprio oggi e sorrido rivedendo questa sua prima missiva. Allora esisteva ancora il concetto di “amici di penna”.
Ci si scriveva, si rimaneva in attesa delle risposte per giorni. Si guardava la buchetta come oggi si accende il pc per consultare la mail.
Solo che c’era bisogno del dono della pazienza. Perché le lettere compivano viaggi reali e a volte arrivavano accartocciate per via della pioggia.
Quella di chissà quale città, di quale treno.
Poi, nei nidi ci sono anche i miei cd. Quelli regalatimi. Quelli acquistati con il primo stipendio.
Ci sono vecchi volantini. Di manifestazioni studentesche del 90. Con dietro appuntate delle cose, nomi di persone di cui non ricordo la faccia.
I nidi invadono la nostra casa. Io ne sono la regina. Tino ogni tanto insiste perché lasci andare un po’ di roba.
Io mi sforzo. Compio violenza sulla mia natura e faccio pulizia di ciò che non ha più nulla da dire.
di solito sono poche le robe che non parlano.
Perché io sono una nidarola. Una persona che ha cambiato molte case ed è stata spesso sradicata a forza.
E mi sono attaccata ai ricordi che posso toccare.
Perché ci passo una mano sopra e ritornano le emozioni. Rientro nella mia camera di single, nella mia casa sgarruppata di studentessa.
Mi annido nel mio passato e sono più felice del mio presente.
“tra un po’ tutte queste cose ci sommergeranno” mi dice il mio fidanzato.
Ha paura che diventiamo schiavi della roba. Come sua madre che ha soprammobili da pulire che le occupano tutta la giornata.
Io lascio che si ammassi la polvere. E la roba per me non è solo un bell’oggetto.
Diventa un pezzettino di cuore.
Il modo gentile per arrivare a patti con lo scorrere del tempo.
Peccato che in tutto questo mare magnum di cose, non trovi mai quel che mi serve oggi…
bello questo template !
che belli voi.
a.& g.
Io tendenzialmente sarei come te. Peccato che lo fossero anche i nonni miei e di Mignolo. Quindi abbiamo deciso per una terapia d’urto: ciò che non serve, e che non tocchiamo da sei mesi, nel cestino. È quello che sto facendo anche con Amelia, aiutata anche dal fatto che molte cose ce le hanno passate: ciò che non le va più bene viene devoluto ai più piccoli. Tanto se arriva il secondo ci sarà sempre qualcuno che ci passa di nuovo i vestiti.
Ma ci vogliono anni per arrivare a questo livello, anni di pratica e meditazione 😉
Bacione
Chiara
Io sono decisamente un “conservatore”, e quando ho buttato (o qualcun altro ha buttato/distrutto per me) me ne sono spesso pentito, quindi ti capisco bene. La foto con la Trabant (abbinata al post, poi) è geniale. XD