Di responsabilità e giustificazioni
In questo percorso di dimagrimento sono tantissime le cose che sto imparando su di me e sui meccanismi mentali che mi hanno portato all’obesità.
Mi libero dei chili ma nel frattempo rifletto sulla mia anima nera (a cui recentemente ho trovato il nome, si chiama Dexter come uno dei miei personaggi televisivi preferiti) e cerco anche di capire il perché certe cose vadano e certe altre no, del perché io mi ritrovi sempre con progetti aperti (e spesso non chiusi) e non riesca davvero a prendere in mano la mia vita professionale.
Quanta carne al fuoco, direte voi.
Vero.
Ma prima o poi bisogna farlo e io sto tentando di distillare poche cose dal mucchio e risolverle, una alla volta o – quanto meno – affrontarle.
Perché sono convinta che ci complichiamo estremamente la vita di solito, mettiamo molta roba nel calderone (e così non risolviamo nulla) ma i nodi in realtà sono molti meno: quello che inceppa il meccanismo è una rotella, una rotella che bisogna rimettere in carreggiata, oliare, sistemare.
E io credo di avere capito una cosa importante ultimamente ovvero che la mia obesità (lasciatemi dire ex obesità, ora sono solo una donna un po’ cicciottella 😉 non era il problema ma la giustificazione.
Come tutte le illuminazioni, è stata una chiacchierata con una nuova amica (una delle persone che lavora con me al coworking) a farmelo capire. Una chiacchierata in pausa pranzo, giusto per l’ironia della vita.
Mi sono resa conto che essere grassa per me era MOLTO più facile che essere una persona NORMALE.
Da grassa potevo lamentarmi di non potere fare delle cose, di non riuscire a trovare i vestiti adatti a me, di non piacere alle persone per il mio aspetto fisico.
Da grassa POTEVO COMPATIRMI, piangermi addosso, ripararmi, proteggermi dal mondo e dalle situazioni che mi spaventano.
Il grasso diventava un’ottima scusa, un’ottima protezione dalla vita, dall’affrontare i miei (numerosi) problemi di auto percezione professionale, il mio terrore di essere inadeguata, di non essere abbastanza intelligente, di non essere abbastanza brava sul lavoro e come mamma.
Ero grassa. Questo era evidentissimo. Non c’era bisogno di farsi altre domande.
E invece di domande, ora, ho cominciato a farmene parecchie e riguardano molti aspetti della mia esistenza. Professionalmente devono cambiare molte cose e le devo fare cambiare io, con uno scatto di percezione di me stessa che finora mi era impensabile e durissimo.
Mi aspetta un lavoro colossale quest’anno, mentre ancora fatico a riconoscermi in questo corpo nuovo (sono a quota 20 chili, me ne mancano 10 per raggiungere il mio obiettivo), le poche foto che qualcuno mi ha scattato recentemente mi mostrano una persona che sono io ma è anche una sconosciuta.
Ma mi sono data degli obiettivi. Il primo di tutti è raggiungere la dimensione professionale a cui aspiro, che sono convinta di potere gestire, che risponde alla mia formazione e preparazione. Basta compromessi, basta accettare lavori che non mi si addicono perché temo di “non essere abbastanza”. O andrà bene e potrò dare corpo ai miei progetti, oppure da settembre cambio vita, chiudo con il web e mi trovo un altro lavoro (commessa, baby sitter, ecc) che mi consenta di vivere dignitosamente ma anche di avere tempo DAVVERO libero per le mie passioni.
E se sarà fallimento, se non ce la farò a realizzare i miei progetti professionali da qui a settembre, amen. I fallimenti sono troppo sottovalutati. Molte persone diventano rancorose perché falliscono, oppure – come era la sottoscritta – pensano che di poter trovare, nel fallimento, responsabilità che sono, per lo più, esterne (la crisi, qualcuno di più “esposto” di noi, la sfiga, l’invasione delle cavallette…).
Se si fallisce, invece, è perché di solito non si è abbastanza bravi, non si è lavorato abbastanza o con la giusta lungimiranza. Ciò non vuole dire che non si potrà riprovare e farlo meglio.
Ma non è mai colpa della crisi o di qualcun altro o del mondo sporco e cattivo, è prima di tutto colpa nostra che non abbiamo saputo interpretare adeguatamente il cambiamento e gestire il nostro progetto nel modo più efficace.
Insomma, per me questo sarà l’anno delle responsabilità e del mettersi a nudo per evitare qualsiasi giustificazione.
Sarà l’anno dei “conti della serva”, in cui misurerò con grande perizia vantaggi e svantaggi di qualunque cosa. Sarà l’anno dei no: imparerò a dire no, ma sarà un modo per dire dei veri si.
Sarà l’anno in cui mi metterò – al meglio – in gioco.
Per riuscire.
[foto scattata a ArteFiera]
Se guardando Google Analytics vedrai uno che ciclicamente torna a leggerselo (meglio evitare di stampare che di piante non ce ne sono mai abbastanza) non preoccuparti che non è stalking; sarò io che vengo a darmi la carica e rimotivarmi.
🙂
Cara Francesca, ho letto con interesse il tuo post, acuto e intelligente. Come te. Anche io tempo fa, grazie a una cara amica e un po’ casualmente (come spesso accade) ho capito una grande verità: “Tu puoi fare quel che vuoi- mi ha detto – , ma girerai sempre intorno ai tuoi burroni. Semplicemente, sono i tuoi burroni. Magari qualche volta riesci a non cascarci dentro, ma non farti troppe illusioni.” Io pensavo fosse una pessimista cosmica ma poi ho capito cosa voleva dire. La tua “ciccia” era forse una scusa che adesso non hai più. Per un po’ funzionerà. Io avevo le sigarette e un anno fa ho smesso (e pensavo fosse impossibile). Non ho più scuse, mi sono detta. E poi ho fatto esattamente il ragionamento che tu proponi nel post. E sai cosa ti dico: i miei burroni sono ancora lì. E aggiungo, per fortuna. Io sono una non fumatrice, non sono mai stata grassa (due chiletti in più, o tre!) sono anche abbastanza bellina e sicuramente sexy e mi guadagno da vivere facendo quel che mi piace. Eppure fallisco in continuazione, spesso mi sento non all’altezza, penso sinceramente di essere meno intelligente della maggior parte delle persone che stimo, mi sento totalmente inadeguata. Mi dispero in segreto perché penso che in fondo nessuno è veramente mio amico perché non sono abbastanza in gamba. Perché le mie amiche escono e non mi chiamano, perché sul lavoro ho fatto il massimo ma nessuno se ne è accorto e allora probabilmente sono io che soffro di strani complessi di superiorità quando invece sono una schiappa. Potrei andare avanti per ore ma era solo per dirti che i nostri fallimenti sono così frequenti e delle volte così inspiegabili e repentini o strambi che per fortuna ogni tanto la vita ci concede qualche scappatoia per consolarci. Io sono milanese, e come tale ho il mito e la tara dell’uomo (e la donna) che si è fatto tutto da solo e che è artefice del suo destino. Una fregatura mostruosa, credimi. Sto imparando a tenermi ben stretto il mio burrone, e a imparare a caderci senza farmi troppo male. Oggi non sei più grassa. Sei più bella e più forte (lo eri anche prima, per chi riconosceva l’energia che emanavi, credimi). Cercati presto un’altra scusa per poter dare il peggio di te. Almeno qualche volta 🙂
cara @Beba stai tranquilla che la troverò! Grazie per questa tua “confessione” (per altro inaspettata, sei così brava e energica!) Sono ben consapevole che Dexter (la mia anima nera) ed io non ci abbandoneremo mai, che tornerà spesso a fare capolino con il suo oscuro passeggero e dovrò – sempre – farci i conti.
E sai una cosa? non credo di voler fare a meno di questo 😉
@cristiano: grazie! sei sempre troppo carino. spero davvero che questo post possa essere un energetico per me e per tutti quelli che ogni tanto, come me, si perdono nel marasma delle proprie giustificazioni 😉
Ciao Francesca, hai scritto un bellissimo post, ma questa non è una novità! 🙂 Ti seguo da tanto tempo e ho sempre apprezzato i contenuti che proponi. Iniziare una dieta è come intraprendere un lungo viaggio, capisco bene le sensazioni. Tra l’altro, anch’io, durante le festività, ho pensato che il 2014 sarebbe stato un anno di grandi riflessioni. I fallimenti fanno parte della vita ed è giusto prendersi le proprie responsabilità. Tuttavia, per mia esperienza, posso dire questo: è importante mantenere una via di mezzo nel colpevolizzarsi. Perché se è vero che alle volte un progetto non va in porto a causa nostra e solo nostra, spesso sono alcune circostanze a creare difficoltà: e non parlo solo della crisi, o degli altri, o del mondo che gira storto. Un territorio che non risponde, servizi basilari che mancano o che non funzionano come dovrebbero, problematiche personali che influenzano le nostre scelte (nonostante l’impegno quotidiano per raggiungere determinati obiettivi), possono rallentare molto il percorso che abbiamo in mente.
Raramente cerco giustificazioni, perché ho sempre commesso l’errore di credere che le mancanze siano mie in ogni caso. Ma ho capito che non è così e che, per quanto mi possa sforzare, la vita è fatta di opportunità. C’è chi ne ha di più, chi ne ha di meno, chi può coglierle al volo quando passano e chi non può. Personalmente, cercherò di trovare la strada più conforme possibile alle mie aspirazioni, smettendo di rincorrere ciò che per tanti motivi non posso raggiungere e tentando di valorizzare al massimo le risorse a mia disposizione. Auguro anche te di trovare il sentiero migliore per sentirti serena e realizzata come meriti. Un caro saluto.
mi sa che mi sono spiegata un po’ male quando ho parlato di fallimenti. Io intendevo dire che prima di dare la colpa all’esterno, di crucciarsi, di farsi del male pensando che non ce l’abbiamo fatta, possiamo provare a riprovare, partire dai nostri errori (che sono gli unici su cui abbiamo un qualche imperio) e cercare di perfezionarci per fare altro, evolvere. La situazione oggettiva è triste, ci sono un sacco di cose negative intorno a noi, ma questo è il mondo che viviamo e in questo contesto dobbiamo cercare di dare – serenamente – il nostro meglio.
A volte non si riesce per oggettive condizioni, ma su quelle purtroppo poco possiamo, su di noi invece, non dobbiamo dimenticare di potere molto 😉
Questo è vero! 😉
la penso esattamente come beba, sono esattamente come beba. ho i miei burroni e mi si butto spesso, ma la convinzione di non essere all’altezza c’è sempre. per esempio leggendo beba mi vien da dire vedi? ti lamenti ma hai quello che vuoi!
bellissimo post. E condivido lo spunto di dare un nome (anche) alla mia anima nera. Chissà che non riesca a conviverci meglio. grazie e tanti in bocca al lupo per il tuo percorso
Hai fatto un’analisi molto lucida e coraggiosa già questo è super ammirevole. Quasi nessuno riesce a essere sincero con se stesso, figuriamoci con il mondo esterno!
Quoto Beba in tutto e faccio il tifo per la realizzazione dei tuoi propositi perchè ti ammiro e ti voglio bene e soprattutto perchè meriti tutto!
Sto leggendo un libro “Resisto dunque sono” di Pietro Trabucchi che assomiglia tanto al post che hai scritto tu. In realtà nel libro si parla di ultramaratone e di uomini che ce l’hanno fatta nella vita come nello sport accettandosi e andando avanti. Con l’impegno. Accettando la fatica come parte di noi.
Un abbraccio.
Ciao Francesca,
aggiungo due cose: una che “risolvere il problema ciccia” per noi è anche l’obiettivo primario che distoglie dagli altri: “Sì, affronterò tutto, ma dopo aver risolto questo…” ed è l’incentivo migliore a non risolverlo mai.Per cui lo si guarda in faccia solo quando, come te, si è pronti a guardare in faccia tutto il resto.
Due, parlo per me ma quella parola che ripeti alla fine, “colpa”, mi fa pensare che ci sia qualcosa di simile per te: ci portiamo dietro un retaggio per cui riuscire a realizzarsi compiutamente è quasi un affronto al Cielo, che prima o poi dovremo scontare in qualche modo.
E’ come se le nostre vite, felici sì, ma non “prese per il collo”, fossero anche un dolce limbo che ci permette di non dare conto a nessuno delle scelte che non abbiamo fatto.
Parlo al plurale, ma non voglio proiettare su di te cose mie.
Però ti ringrazio, non sai quanto mi sta aiutando il tuo schietto metterti in gioco (lo stai facendo moltissimo!).
Sto prendendo delle decisioni e facendo delle scelte perchè ho capito che solo io posso risolvere i problemi miei, della mia famiglia e dei miei figli, piccoli o grossi che siano. E lo VOGLIO fare.
Ciao e un abbraccio
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