Il cursus honorum delle giovani italiane (belle)
“Le pagherò il prezzo che vuole ma non dica che incontro minorenni” (fonte: Repubblica.it)
Mentre leggo penso a quella mia amica ricercatrice, che se leggi le cose che scrive, ti convinci che sia una che quanto meno pubblica libri o vive di quello che pensa. Una filosofa insomma. Ha due figlie lei, le ha avute mentre faceva la “carriera” universitaria. Quest’anno non ci sono fondi dice il suo Professore, quest’anno niente ricerca o solo delle briciole. Ha 37 anni come me, questa mia amica, conosce molto bene 4 lingue, è sempre stata la migliore a scuola e anche all’Università.
Sotto Natale si è fatta il giro di tutte le librerie per cercare un lavoretto, tipo impacchettare i libri sotto le Feste, ma niente, è stato un mezzo fiasco.
Ma per fortuna, dopo che come COMMESSA non ha trovato nulla – forse è troppo vecchia? – adesso invece un lavoretto ce l’ha e anche se sono 3 ore, 3 giorni alla settimana, almeno riesce a guadagnare qualche soldino.
E ora andiamo al bunga bunga. Io avevo inteso che quel termine si riferisse alla locazione, alle mura in cui tutti i partecipanti alla cena si erano spostati. In questo bunga bunga a luci rosse – e non so se lei intendeva perché c’erano le luci rosse o perché l’atmosfera era tale da essere interpretata come a luci rosse – queste ragazze si sono ulteriormente spogliate, non so a fino a quale punto, e avvicinandosi a turno e anche in gruppi di due o tre al presidente, che stava seduto sul divanetto, si strusciavano e si facevano toccare, assumendo un atteggiamento anche provocante e volgare, baci, strusciamenti. Anche all’interno di questo ambiente denominato bunga bunga erano presenti degli scomparti dove erano allocati degli abiti per dei travestimenti, ovvero divise da poliziotta o infermiera. Anche la Minetti fece uno spogliarello … (non so) fino a che livello, e cioè se lo spogliarello sì è concluso con la nudità totale o parziale. Lo spogliarello fu fatto anche da altre ragazze presenti. Tutta l’atmosfera era molto ridanciana, tutti sembravano divertirsi molto, tranne la M. T., che invece era molto imbarazzata per quello che stava vedendo (fonte Repubblica)
L’Italia non è un Paese per donne. Lavorare e fare dei figli, insieme, è più difficile che stare in equilibrio sul filo. Quella volta che sulla community di Donne Pensanti abbiamo aperto un topic su lavoro e discriminazione, con alcune domande specifiche per raccogliere testimonianze, di racconti ne sono arrivati moltissimi. Tra i tanti c’era per esempio questo di Anna C.:
L’ultimo impiego come dipendente era presso una cooperativa sociale come educatrice in una comunità di tipo residenziale, avevo un contratto a tempo indeterminato e questo è stato un vantaggio durante la gravidanza perchè il mio era un lavoro a rischio, quindi ho smesso di lavorare appena scoperto di essere in cinta e mi sono veramente goduta tutto il periodo della gestazione e il periodo successivo di congedo per allattamento è stato lauto: di 6 mesi. Le note dolenti sono arrivate dopo: turni su giorno e notte compresi festivi e prefestivi non li optevo affrontare più, mio marito esce alle 8 di mattina e rincasa alle 7 di sera, i miei genitori vivono lontano, i suoceri lavorano: zero aiuti, sarebbe stato impossibile continuare nonstante mio figlio sia iscritto al nido non avrei avuto copertura. per un gioco di scatole cinesi la coop per cui risultavo assunta gestiva solo la comunità in cui lavoravo quindi non mi era possibile chiedere di essere spostata ad altre mansioni e quando a quattr’occhi ho parlato con il responsabile di settore mi ha detto che “se avessi trovato un altro impiego non era il caso di rinunciarvi per tornare da loro…”
Chiaro?
I rapporti con la responsabile della struttura e i colleghi sono rimasti buoni e pochi mesi fa si son trovati a corto di personale e mi hanno contattato per sapere se avessi necessità e voglia di tornare, ho risposto che le mie esigenze di orario non erano cambiate ecc. ecc. e mi è stato offerto il ruolo di cuoca (preciso che ufficialmente non sarei stata inquadrata così, non ho i titoli).
Non ho rifiutato subito, ne ho parlato con mio marito, poco, ma ne ho parlato. Sono laureata e nei giorni di riposo prima che nascesse mio figlio ho frequentato un master per quattro anni. Ho sgobbato e mi sono impegnata per camminare , per andare avanti, per migliorarmi. Ho scelto di seguire le mie ambizioni e non è stata una scelta a costo zero. La base sicura dal punto di vista economico è mio marito, mi supporta, mi sostiene e questo ha un valore enorme. Attualmente lavoro come libera professionista, sono counselor, e lo faccio quando gli impegni familiari me lo permettono: quando mio figlio si ammala tutto si ferma, quando le insegnanti dell’asilo scioperano io non posso lavorare, quando a bologna nevica e il nido resta chiuso io non posso lavorare, se ho degli impegni li annullo o cerco di gestirli con delle mie colleghe.
Certo che le donne sono discriminate e lo sono di più se hanno dei bimbi piccoli, in forma ancora maggiore se non c’è una rete familiare a supportarle.
Detto questo, credo che la testardaggine e una sana arrabbiatura ci aiuteranno a migliorare le cose.
Naturalmente se nasci bella, bella e con qualche pelo sullo stomaco puoi AMBIRE al BUNGA BUNGA e forse a un posto in Parlamento.
Oppure puoi incrociare le dita e sperare che sia tua figlia a “farsi” un CURSUS HONORUM di riguardo e magari con un sapiente RICATTINO riuscirà a diventare milionaria…
Niente, pensavo a quello che mi hanno insegnato, alla dignità delle donne, alle donne di Destra. Chissà come fanno – quest’ultime – a non sentirsi davvero male, la mattina, quando si guardano allo specchio e sanno che anche se non vanno ai festini e non fanno bunga-bunga, alla loro intelligenza, dal loro amato Leader, verrà sempre anteposta la disponibilità di corpi per l’utilizzatore finale…
Già…la vera domanda è COME FANNO?!!?
come al solito traduci in parole ciò che penso….. attualmente la mia… INFINITA TRISTEZZA!!
Cara Panz,
come non condividere la tua riflessione?
A tal proposito mi permetto di condividere
questa testimonianza che ho pubblicato oggi
sul mio blog:http://articolo37.wordpress.com/2011/01/18/e-la-stampa-bellezza/
In questo post non c’è da aggiungere altro. Hai già detto tutto tu e l’hai detto benissimo.
Se mi avessero detto 20 anni fa che la nostra società sarebbe caduta così in basso e che l’opinione pubblica sarebbe diventata tanto incapace d’indignarsi non ci avrei mai creduto.
ps: scusa l’indelicato OT, ma se passi da me c’è un premio.
non c’è da aggiungere niente a quello che hai scritto…solo tanto tanto ribrezzo…e mi aggiungo al commento di jane cole la società è incapace d’indignarsi…sembra normale…più in basso di così non si poteva andare.
Ultimamente io e mio marito ci stiamo vivendo l’Italia come una tappa. Come una tappa di un viaggio di vita che non deve finire in questo paese. Per noi, certo. Ma soprattutto per nostra figlia a cui dobbiamo dare la possibilità di studiare e lavorare fuori dall’Italia.Io la guardo crescere e sai che cosa penso? Che merita di più che vivere qui. Non credo che cambierà molto nei prossimi 15 anni, anche perchè non vedo nessuna inversione di tendenza.
Speranze per questo paese e per le donne in questo paese io non ne ho più.
avete letto oggi che dice che lui si sta divertendo? bisogna che chiediamo le dimissioni, in tanti, come cittadini…
@deborah: come non condividere il tuo amaro commento? però forse io sarò vigliacca, ma mi piace pensare che posso ancora a provare a fare qualcosa qui, anche per mia figlia. Poi magari tra 5 anni ci ritroviamo altrove…
Sai panz, io sono un’impiegata pubblica. Nel codice deontologico della mia P.A.c’è anche un riferimento al fatto che devo condurre una vita privata che non rechi danno all’immagine dell’ente per il quale lavoro.Io dunque, piccolo bullone nel grande ingranaggio pubblico, devo condurre una vita dignitosa e lui fa… il bunga bunga!Mi sembra tutto talmente irreale. Deve succedere quando la realta supera l’immaginazione..
Vi segnalo questo articolo: http://articolo37.wordpress.com/2011/01/19/una-donna-in-carriera/
Grazie.
Ciao Panz, volevo condividere con te e le tue lettrici il pensiero che ho avuto guardando “Annozero” la settimana scorsa, sarei curiosa di sentire opinioni in proposito: prima di tutto mi è sembrato che nessuno degli ospiti avesse qualcosa di davvero intelligente da dire, ossia qualcosa che aggiungesse al gossip del bunga bunga e delle intercettazioni uno spessore e una prospettiva nuova al dibattito. Tutto, fatta eccezione degli starnazzamenti della Santanché, è sempre ruotato attorno alle stesse cose già stra-sentite nei giorni precedenti ai tigì e ai fatti letti sui giornali. Secondo me un’analisi importante da fare (e che mi sembra che finora non sia stata fatta) sarebbe riflettere sul ruolo di queste donne. Tutti in studio sospiravano “poverette poverette”. Ruby poveretta, Nadia Macrì poveretta, le altre, poverette. Sono stata l’unica a pensare che queste donne non mi sembrano affatto delle sfruttate e delle poverette? Per certi versi mi appaiono anzi come delle mercenarie, la cui spietatezza per certi versi ricorda l’arrivismo di certi giovani mafiosi visti in “Gomorra”? Per fare soldi c’è da sporcarsi le mani e mi sembra che qui non vi sia timore alcuno nel farlo. Il corpo diventa allora una pistola carica e non vi è timore nell’usarla. Questo senza nulla togliere al ruolo del nostro premier e i suoi complici, i quali istigano alla prostituzione e devono pagare per questo. Ma, dall’altra parte, quelle donne che si prostituiscono, chi sono? Mi ha colpito in particolare una delle testimoni chiavi, quella che dichiara di essere rimasta schifata dal “puttanaio” a cui ha assistito partecipando casualmente ad una delle famose feste di arcore; mi ha colpito perché, al termine della serata, ha accettato però 4 pezzi da 500 euro che berlusconi le ha dato “per aiutarla a terminare i suoi studi”. Sono l’unica a pensare che non avrebbe dovuto accettarli?
No Marghe/Teatrino, non sei l’unica. In questo contesto le donne sono o strumentalizzate o colpevolizzate, trattate sempre come carne da macello e mai come persone in grado di fare scelte sensate o meno, senza scadere nella retorica della puttana o della poveretta.