Paola, la fine di uno sciopero, l’inizio delle riflessioni
Mi piace molto il post che ho appena letto sul tumblr di Paola. Credo che dobbiamo davvero cogliere l’occasione per parlare, riflettere di precarietà e proporre alternative validi (ovvero un vero lavoro flessibile e non una flessibilità capestro) usando l’attenzione mediatica che ha sollevato la sua scelta.
Diamoci da fare tutti quanti.
Copio interamente quello che scrive:
Sciopero della fame, quinto giorno. Fine. Oggi interrompo la protesta. Quello che ho potuto fare l’ho fatto. Ho raggiunto il mio obbiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica, almeno per quanto riguarda la Rete e gli organi legati all’editoria. Anche se la maggior parte della stampa tradizionale mi ha ignorata, nonostante i lanci di agenzia. Chissà perché?
Adesso è arrivato il momento di andare avanti con altri mezzi e strategie diverse per far discutere di precariato. Bisogna portare a casa risultati. Come? Rivoluzionare il sistema mi pare arduo, ma si può tentare di cambiare le regole, di dare più serenità ai precari, di garantire a tutti un lavoro dal valore monetario adeguato e sufficiente a pagare affitto e mantenimento, senza l’aiuto della famiglia.
Purtroppo precarietà non significa flessibilità. All’estero un lavoratore flessibile ha uno stipendio superiore a quello di un dipendente a contratto a tempo indeterminato, almeno per quello che ne so. Questo permette ai flessibili di tutelarsi a proprie spese, non potendo usufruire delle tutele aziendali.
Desidero continuare a battermi sul tema, confrontandomi con chi ha il potere di garantire cambiamenti concreti. Se la mia storia diventa un esempio e spinge le istituzioni a evitare altri comportamenti del genere, avrò vinto la mia battaglia. La prima battaglia, sia chiaro. La prospettiva è di vincere la guerra.
A questo punto propongo alla Rete di cambiare l’hashtag, da #iosonopaola a #iosonoprecario e invito la blogosfera a raccontare le tante esperienze di precariato. Diamo voce a tutti. Date voce a tutti. Alle storie, alle preoccupazioni, alle frustrazioni e ai rospi mandati giù. Anche in forma anonima. In modo che se ne parli e il problema venga a galla in maniera consistente e continua. Meglio senza sciopero della fame che vi assicuro è una forma di protesta devastante per il fisico e la mente. Parola mia.Grazie agli amici e a tutti quelli che, pur non conoscendomi, mi hanno sostenuta. Grazie, grazie, grazie.
da http://paolacars.tumblr.com/post/1599212477/sciopero-della-fame-quinto-giorno-fine-oggi
Non so se l’hanno assunta o no, comunque, io direi che il problema è la paura, il “matterazzo” familiare e delle leggi che permettono queste situazioni. Per me, l’obbiettivo non é avere un lavoro a tempo indeterminato sennon quello di avere un lavoro degno, con uno stipendio degno e all’altezza dei tuoi meriti.