E tu cosa fai ORA?
Le cene con i vecchi compagni di scuola, gli incontri casuali mentre stai andando da qualche parte e incroci il tuo sguardo con uno sguardo del passato, con qualcuno che non vedi da molti anni.
A me incontrare persone sepolte in una vita precedente, con cui magari non è che avete mai approfondito più di un po’ ma che sono comunque parte di un passato condiviso per un qualche motivo, mi mette sempre un po’ in crisi.
Le domande, le domande di circostanza.
Le risposte, le risposte da dare.
“Cosa fai adesso?” è una delle tipiche questioni che si presentano in queste situazioni.
Faccio il mio lavoro, ovvero sono quello o faccio la mia vita privata? Sono una mamma o sono una websticazzi o sono le mie passioni?
La maggior parte degli incontri con i compagni di scuola del Liceo, non so se lo avete notato anche voi, se sono persone che non vedete dall’orale della maturità, finisce sempre che diventa una gara a chi la fa più grossa.
A me d’istinto mi viene sempre da dire delle grandi corbellerie, tipo “non faccio niente di importante, faccio la precaria, cerco di portare a casa il pane quotidiano…” perché di fronte allo sguardo sborone del signor o signora x che mi raccontano il grande successo che hanno avuto nella vita, mi viene sempre come un conato di vomito.
Come se nella misura della differenza con gli altri si sentissero appagati.
Come se dentro a un tailleur d’ordinanza si sentissero potenti.
Così io di solito racconto poco e per lo più delle balle. Una volta, a una persona che non vedevo da molto tempo che aveva iniziato a tartassarmi di domande come a sondare il mio grado di “riuscita nella vita” e le leggevo negli occhi una profonda insicurezza tanto che tendeva ad amplificare enormemente il suo grado di soddisfazione, ho detto che non me la passavo tanto bene in quel periodo perché ero appena uscita di prigione dopo aver tentato di rubare al mio tabaccaio una batteria di marche da bollo che c’è da guadagnare bene con le marche da bollo.
Dopo aver usato creativamente la fantasia, in quell’occasione, ricordo che io e la Conoscenza ci prendemmo un caffè e lei, dopo avermi voluto rendere partecipe del fatto che aveva rilevato lo studio medico del padre e suo marito era Primario in non so quale Clinica privata, poi a sentire di me che ero stata in prigione, si sentì evidentemente al sicuro e – seduta al tavolino di un bar di un centro commerciale – mi raccontò anche i retroscena meno edificanti della sua vita, il lato B del medagliere, ovvero che poi con questo marito non è che andasse un gran che bene.
Se poi mi capita di incontrare, tipo a matrimoni, persone che mi stavano sui maroni allora perché magari sembrano molto false, molto finte e molto ipocrite mi succede che oggi, che sono più adulta e meno savia, che i peli dalla lingua li ho lavati via tutti, a queste persone mi viene da chiedergli, con il sorriso più largo che potrei regalare, delle cose che mi interessa sapere di più del fatto che sono diventati magari avvocati di grido e mi ritrovo che dalla mia boccuccia che tende a dire sempre quello che pensa, come fosse una malattia, escono domande tipo:
“Ma te sei rimasta ipocrita e un po’ falsa com’eri 10 anni fa o sei diventata un po’ più verace?” e cose così. Che le vedi queste personcine, che magari sono accorse ad abbracciarmi e sbaciucchiarmi modulando un “Ziaoooooooo! Ma cara! Ma come stai?” gattone, in bilico su improbabili tacchi a spillo, rimanere di stucco davanti alla sottoscritta.
Le vedi.
Pensano in serie: “Oddio ci è flippata la Panz, oddio ma che cazzo vuole questa, oddio ma starà scherzando?” che a me mi fanno sempre sentire abbastanza bene.
Di solito cambiano discorso, rimangono gentili 10 minuti e appena possono tentano di scappare, girandosi sui loro stiletti e abbozzando una camminata incurante. L’effetto positivo è che tenteranno di evitarti per tutto il resto della giornata.
E poi è anche un po’ come se rispondessero con onestà.
Non so. A me dover sintetizzare una vita in una risposta mi sembra sempre una pratica talmente senza senso che delle volte, lo dico sinceramente, se mi capita di intravedere delle persone in lontananza, che sono sicura ci dovremmo fermare, se sono persone di cui non mi importa un fico, io mi nascondo tra la folla e faccio finta di non vederle.
“Cosa fai ora?”
Che domanda idiota.
Eppure cosa si chiede a uno che non vedi da anni e incontri per caso al supermercato? In quale modo puoi iniziare il discorso con la vecchia Conoscenza che ti siede accanto ad un tavolo di matrimonio perché avete un caro amico in comune?
Io sto invecchiando mi sa. Sto diventando intollerante alle pantomime dell’esistenza. Non riesco a essere accondiscendente nemmeno nel virtuale, figuarsi nel reale..
Non sono la tipa da andare a riunioni commemorative della scuola, da organizzare cene delle elementari. Eppure mi commuovo davanti alle vecchie foto e ricordo per filo e per segno persone e facce che non vedo anche da 30 anni. Ma loro sono lì, cristallizzati nei ricordi. Se non ci frequentiamo più ci sarà un perché, giusto? Per quale ragione dovremmo rompere l’eco di quello che eravamo, inquinandolo con quello che siamo diventati?
Non mi interessa. Non fa per me.
Il mio presente è fatto delle cose e delle persone PRESENTI. Il passato è nella testa. Rimestare nel calderone della vita per il gusto di fare la conta dei dispersi, dei sopravvissuti e dei sommersi, non mi dà alcun gusto.
Poi forse sono solo io.
Io che sono tarata. Ma le domande di circostanza ecco, forse le sopporto meno dei cerimoniali da matrimonio.
Nooo, non dire così. devi solo saperne leggere il senso.
Un tempo (e ho trent’anni, non una vita o un mondo di proporzioni di riferimento da prendere) la pensavo come te. (E sai, agli occhi del mondo potrei apparire come l’emblema massimo del fallimento sociale, lo premetto, non ho ereditato proprio niente.) Ma poi ho capito che chi per primo chiede è chi per primo nasconde e che questi appuntamenti servono e come, a saper leggere il tempo, a capire i passaggi, a vedersi più grandi e forse diversi, a veder crollare i miti e gli stereotipi, a riportare le cose per terra.
Sì, è vero, se non ci si vede più un motivo ci sarà, no? Ma è proprio per quello che ci si incontra, per portare via le adolescenze ferite dagli egoismi e dalle parole di troppo, dalle battute e dai silenzi. Ci si incontra per questo, dico io, per guardarsi negli occhi e provare a imparare a chiedersi scusa e a dirsi grazie, e fa male chi non ci vuole proprio essere, perché non è che poi sta meglio. Ci ho messo anni a partecipare a queste cose senza portarmi addosso gli sguardi di derisione che mi sentivo addosso un tempo. Ma poi passa, è una specie di terapia. Io te lo garantisco che funziona. (E poi cavoli tu puoi sempre raccontare che hai messo al mondo qualcosa, che mica è poco 😉 )
@sara: grazie mille per questa tua prospettiva. In realtà io non “temo” il dovermi raccontare o lo sguardo di derisione. Mi infastidisce l’esigenza di dover per forza investirsi di un personaggio con persone che non vedi da secoli. Ovviamente, con le persone con cui c’è o c’è stato un legame forte è diverso. Mi infastidisce quella ipocrisia velata di chi – proprio per la paura di essere giudicato – sbandiera il medagliere.
Però sugli stereotipi hai ragione da vendere anche nel mio caso. Può essere che il fastidio e l’intolleranza, in qualche caso, sia frutto di una visione stereotipata dell’altro e non ci avevo pensato…grazie!
e per dirla tutta, la fase successiva a incontri simili, sono di solito le telefonate a amiche in comune per dire: ‘sai chi ho visto? era secoli che non la/lo vedevo, sai cosa fa ora? sai quanto è invecchiata, sai che ha divorziato…’ e amenità simili. anche io sono allergica al ‘cosa fai ora’, soprattutto perché quello che faccio ora è diverso da quello che facevo un anno fa, cinque e anche 10 anni fa. la vita quando non è noiosa evolve di continuo, e dunque che sto a raccontarti tutto il mio curriculum per paura che ti faccia un’idea sbagliata di me? tanto l’idea che hanno gli altri di noi è comunque un’altra, diversa dalla realtà. anche io sto sul vago e spesso mi capita di incontrare persone che amano raccontare vita, morte e miracoli di famiglia e di se stesse. mettendo davanti a tutto successi professionali e simili… a me viene un leggero senso di nausea e taglio corto.
anche io crescendo sto sfrondando molto, sfrondo sia il mio raccontarmi, sia le conoscenze, che se non ne vale la pena non perdo tempo. la vita è troppo breve…
Io ho due fortune: non sono curiosa (quindi non riesco a dare la soddisfazione a nessuno in merito a chiedere:che fai nella vita?) e faccio un lavoro che nessuno capisce (fisico acustico – ahò ma de che???).
Quindi le persone che incontro non hanno motivo di rispondere ad una domanda che non faccio e abbozzano un “Aaah…” quando dichiaro la mia professione se proprio vogliono saperla.
Solo una volta, uno mi chiese:”Nel senso che fai gli apparecchi acustici per i sordi, tipo AMPLIFON?”.
E’ stata l’unica volta che ho spiegato cosa faccio.
Ciao Panz, buone vacanze a voi – fatti una pausa di lievità che in questi giorni pesanti (per tutti noi, basta aprire un giornale – uno vero intendo) avremo presto bisogno di te! 🙂
Come comprendo questa tua allergia alle domande di circostanza… oltre alle riunioni di vecchi compagni!
La maggioranza della mia classe delle superiori era formata da persone che, già all’epoca, vedevo distanti da me anni luce. Non parliamone, poi, adesso che siamo cresciuti.
Su FB ho un sacco di contatti (richiesti da loro, in effetti) appartenenti alle scuole medie. Quasi tutta gente con cui, ora come ora, non ho niente da spartire. Ho tanti bei ricordi, di quel periodo, che mi sembrerebbe di sciuparli, se fossi costretta a passarci assieme una serata intera.
Quelle (poche) con cui avevo un legame, lo avevo a prescindere e non ci siamo neanche persi, tutto sommato.
In compenso, una delle sopracitate ex compagne di scuola, non appena saputo che stavo scannata coi soldi, col padre di mio figlio senza lavoro e lì lì per partorire, si è precipitata a raccontarmi del suo grande amore con l’attuale fidanzato (ma a me?), del suo lavoro figo e dell’intenzione di fare un figlio: tanti auguri!
Altra situazione sgraditissima dalla sottoscritta: incontri una vecchia conoscenza che, dopo averti fatto al volo un emocromo completo, squadrandoti da capo a piedi in 3 secondi netti, ti dice “Ma ciaaaaaooooo! Ma stai beniiiiissimooooooo” quando è più che evidente che, contemporaneamente, ha notato che sei uscita di casa senza un filo di trucco, i capelli legati in uno strano ammasso, con le occhiaie che ti arrivano per terra perchè il Pargolo ha ballato la macarena tutta la notte ed a malapena hai ingurgitato un caffè. MA TI HO PER CASO CHIESTO COME MI TROVI!?!?
No, Panz, non sei tu che sei tarata. Altrimenti vorrebbe dire che lo sono anche io 🙂 🙂 🙂
trovo geniale personalmente andare da una e dirle ma sei ancora ipocrita come dieci anni fa o sei cambiata? cavolo panz questa me la riciccio sicuro al prossimo matrimonio di circostanza. anche se devo dire a me i vecchi amici non è che mi invitino tanto ai matrimoni, vorra dire qualcosa????
poi sul lavoro prima o poi a qualcuna gli sparo “ma non fai più l’attrice?????” che peccato e intanto tu leggi pensieri dietro la fronte che scorrono. poi però alla fine qualcuna mi chiede ma non è che tuo marito ha un fratello da presentarmi? risatina scema.
no ha due sorelle. perchè?
che cazzo, ma certa gente esiste davvero ancora?