Campo solare: primo giorno
La frollina ha iniziato il campo solare. Ci abbiamo pensato molto, prima di iscriverla, ma poi – nella fortuna di avere anche la disponibilità dei nonni – abbiamo preferito comunque farle fare questa esperienza.
Il campo solare (o campo estivo, come si chiama ora) prende il posto della scuola materna durante i mesi di luglio e agosto.
La gestione delle attività è solitamente di qualche società privata e i bambini – riuniti in classi miste – possono essere iscritti per “settimane”.
Le attività previste sono: sport (per i più grandi piscina), attività ludiche varie, teatro, ecc.
Io da bambina ho sempre frequentato i campi solare e anche le colonie e devo dire che per me è stata un’esperienza importantissima, di quelle che mi hanno aiutata molto a sviluppare la mia socialità e così con Tino abbiamo valutato che potevamo fare un esperimento, per due settimane e che – eventualmente – si è sempre in tempo per ricorrere ai nonni.
La maggioranza dei bambini che frequentano il campo solare non ha la fortuna della frolla e ci deve andare per forza, ma è bello pensare e sperare che sia un posto dove loro si divertono, anticipando o sostituendo le vacanze con alcune attività tipiche dell’estate, come i giochi d’acqua.
Stamattina ci siamo intruppati nella fila di bambini e genitori, assieme a un sacco di persone, per presentare la bambina agli educatori. La fortuna ha voluto che per quest’anno una delle scuole di quartiere scelte come location fosse proprio quella di Frollina così lei non si è sentita fuori posto ma c’è una sorta di continuità con la materna. La fortuna ha voluto anche che insieme a lei si siano iscritti altri 5/6 bambini della sua classe e che stamattina, nemmeno a farlo apposta, ci siamo incontrati tutti lì.
Temevo che la frollina – che è molto socievole ma ha sempre un approccio timido nei confronti delle nuove esperienze – potesse avere qualche momento di panico e invece, fino al momento in cui non ci ha baciato e salutato, è sembrata serena e tranquilla.
C’era una gran confusione a scuola e, devo ammettere, un po’ di ansia mi serpeggiava nel cuore ma non voglio farmi prendere dalla preoccupazione e sperare che sia per lei un’esperienza positiva.
Io ricordo, nei tempi in cui andavo al campo solare, che per la maggior parte mi divertivo tantissimo. Si stava sempre fuori e si facevano delle attività molto interessanti e carine.
Era un bel modo poi per conoscere delle persone nuove, perché i bambini erano sempre un mischione di tutte le scuole del quartiere.
Il campo solare per me è stato l’anticamera a una delle esperienze più belle che ho fatto nella mia infanzia/adolescenza, ovvero quella della colonia.
Io ADORAVO andare in colonia. Il primo viaggio l’ho fatto a 6 anni, l’ultimo a 16. Partivamo, con mio fratello,su questi pullman, a orari inverecondi di albe estive, per andare in qualche località di montagna con altri 20 sconosciuti che nel giro di poco sarebbero diventati amici, con cui avremmo condiviso stanze da letto, pic nic in mezzo ai boschi e cene in tavolate infinite.
Per me la colonia era sempre un modo per scoprire il mondo senza mediazioni adulte, quelle dei miei genitori. Un modo per inventarmi un pezzo di me e sperimentarlo, che poi se mi piaceva lo tenevo.
Gli educatori erano sempre ragazzi di 25/30 anni, molto allegri e simpatici e da cui – invariabilmente – venivo conquistata (tranne in qualche caso, per fortuna raro).
Un anno, per dire quanto ci piaceva a me e al consanguineo andare, ci erano venuti i pidocchi qualche giorno prima di partire. Per il terrore che ci lasciassero a casa per via delle bestioline, io ho sacrificato i miei lunghissimi capelli biondi (falciati da una compiacente parrucchiera che mi ha trasformato in una piccola palla da bouling) e abbiamo trascorso due notti in bianco, prima dell’ultimo controllo alla partenza, con mia mamma che ci spulciava e pettinava e cospargeva il cranio di aceto.
Il giorno della partenza eravamo “quasi” puliti e di fronte alle perplessità dei controllori abbiamo pianto tanto ma talmente tanto che alla fine ci hanno fatto salire sul pullman.
Dopo 3 giorni la colonia di bambini si era trasformata in un villaggio vacanze per pidocchi ma anche spulciarci tutti in compagnia aveva un suo fascino da non disdegnare. Della colonia mi piaceva molto anche lavarmi le mutande. Cioé mi piaceva questa cosa dell’arrangiarsi un po’ che mi faceva sentire grande. La mamma ci infilava nella valigia un pezzettino di sapone da bucato e io tutte le sere lavavo le mutandine, con l’ambizioso obiettivo (zduara inside) di tornare a casa con i miei vestiti tutti puliti.
In colonia, all’età di 10 anni, ho dato il mio primo bacio con la lingua.
Mi spiego. Quelli più grandi, dei piani alti, parlavano continuamente di “limonare” e “fioccare”, attività che sembravano ammantate di un fascino perverso e lascivo che tutte le volte che passavo davanti a un limone mi veniva da arrossire.
Avevo anche scoperto che il consanguineo – di 8 anni – era stato agguantato da una bambina genovese che lo aveva coinvolto nel quanto mai proibito GIOCO DELLA BOTTIGLIA. Quell’anno stavamo in una colonia che univa due differenti culture: figli dei portuali di genova e bambini della provincia montana di Tortellini City in un connubio mare-monti da far invidia a un piatto di spaghetti calamari e funghi.
Io ero invidiosa, se si può dire. Cioé, lui che era MOOOLTO più piccolo di me aveva scoperto cosa significasse limonare e io invece ne avevo solo un’idea vaga?
Pensai che era necessario capire, studiare, applicarsi, ma dato che ero una bambina ben educata e a modo, di certo non volevo sbilanciarmi a provare con un maschietto, per lo più verbalmente già avvezzo – come la maggioranza dei presenti – a certe parole.
Andai allora a informarmi sulla teoria e poi – convinta di aver capito tutto – mi avvicinai alla mia amichetta Manolita (amica d’infanzia, vicina di casa e compagna preferita di scorribande che divideva con me la passione per la colonia) e le chiesi seria di tirare fuori la lingua.
“Perché?” mi domandò lei, stupita alla strana domanda. “Voglio vedere una cosa!” risposi io, convinta e tranquillizzante.
Quando lei – che si fidava della piccola Panzallaria – spalancò la bocca e fece quello che le chiesi, io velocemente gliela leccai con la mia, tipo mucca che lava i suoi piccoli, sperando che mi si aprisse lo scrigno dei piaceri più sordidi, proibiti e sensuali.
Lei comincio a urlare. Agguantò il sapone da bucato che usavamo per fare le zdaure e se lo passò con forza su questa lingua a penzoloni che non voleva fare rientrare fino a quando non fosse passato lo schifo di essere stata leccata dalla sua amichetta.
Io ridevo come una matta e per un pezzo, poi, sono andata in giro sbruffona a dire che anche io avevo limonato e non era poi quella gran cosa di cui tutti parlavano.
Oh quanti ricordi di quell’infanzia alla molla, in colonia: i trekking montani che si dormiva in alta quota, il sacco al letto, le feste e il gioco del postino (antesignano delle chat).
Robe che a pensarci, se da una parte vorrei tornare piccola, dall’altra penso credo che ora prenderò un permesso dall’ufficio e andrò subito a ritirare mia figlia dal campo solare 😉
Anche noi. Cominciato il 1° luglio.
Oggi 4° luglio First s’è disperato perchè gli fanno fare cose difficili. Disegnare lombrichi e lumache, e lui non le sa fare.
La verità è che si trova a socializzare con persone nuove e lui non ama le nuove amicizie. Sono un salto nel buio….
Dovrà abituarcisi però. A settembre si va alle elementari e dovrà per forza socializzare e imparare a stare in un nuovo ambiente, così, il campo scuola lo vedo come un’esperienza propedeutica alle lementari.
Speriamo bene!!!!!
gaia stamattina era più felice che se l’avessi portata a una festa. e al campo solare è con la sua migliore amica del nido. che non vedeva da un anno. l’abbraccio fra le due ha fatto venire i lucciconi a noi mamme. “la mia migliore amica di quando ero piccola!” han urlato all’unisono. son convinta che saranno felicissime
Che bellissimo racconto Panz, letto tutto d’un fiato fino alla fine. Sono sicura che Frollina si divertirà molto, soprattutto senza la mamma che la andrà a controllare ;-9
sei mai passata da campo tres?
@casamammolo: No, al campo Tres non sono mai stata. andavo via con i viaggi del comune di bologna oppure con quelli organizzati dal comune del mio paese. cose che – per altro – ora non esistono più in quella regressione che negli ultimi anni è diventata di gran moda…;-( dov’è questo posto?
uhauhauhauhauhauhaua che signora limonata 🙂
Che bello!
Io andavo in “campeggio” (che non campeggiavamo mica ma da noi si chiama così) con il gruppo della parrocchia: 50 adolescenti (lo abbiamo fatto dai 14 ai 22 anni!) portati in giro dalla nostr acatechista mamma di due di noi.
Lei non ha ancora capito se era una pazza o una santa. Propende per la prima, noi (ormai tutti genitori o quasi) per la seconda.
Lascia Frollina al campo estivo, mandala in colonia, tappati le orechie al suono dei ricordi e pensa a quella bella perosna che è diventata la sua mamma. Converrai che ne vale la pena.
te lo chiedevo appunto perché campo tres (valcamonica, brescia) ospitava bambini di brescia (io io io!) e di bologna. tornavamo giù e parlavamo ad accenti invertiti. se tra 5-6 anni c’è ancora (e perché mai non dovrebbe)
dicevo…se tra cinque sei anni c’è ancora la tua pupa potrebbe divertirvicisi parecchio!