Del giorno della memoria: Anna ed io
Quando c’avevo 15 anni mia mamma mi regalò il diario di Anne Frank.
Forse pensò che poteva interessarmi leggerlo, visto che anche io ero una ragazzina da diario, di quelle abbastanza fissate che ogni giorno scrive qualcosa e ci attacca un ricordino e tiene religiosamente le sue reliquie (roba che in cantina, ragazzi, ho tipo 6 scatoloni di diari. Dal 1981 al 1990!), leggere la storia di questa ragazzina che con la famiglia si nasconde in un appartamento nel retrobottega per sfuggire alle persecuzioni naziste.
E infatti non sbagliava.Lessi tutto il libro in un giorno e mezzo. Di seguito. C’erano le vacanze di natale e mi ricordo che la lettura mi prese al punto che passai una notte sveglia pur di proseguire e arrivare in fondo. Me lo mangiai. Lo sudai. Lo odorai. Mi sentivo così compresa in quella narrazione, nei sentimenti, nelle aspettative di una ragazza della mia stessa età che quando arrivai in fondo, quando Anna era entrata dentro di me e capii che la sua vita era stata rubata dall’atrocità di altri esseri umani, ecco io cominciai a piangere che non riuscivo a fermarmi. Piangevano gli occhi, piangeva il corpo, piangevano le viscere, piangevano i muscoli, piangevano le gambe, piangevano i capelli, piangevano perfino la lingua, i denti.
A un certo punto cominciò a piangere anche il mio naso.
Fiotti di sangue, da quell’emozione terribile, il riconoscimento dell’orrore visto attraverso gli occhi ottimistici di una ragazzina che nel cielo trova conforto, cominciarono a sgorgare dal mio naso.
Presi un fazzoletto. Un fazzoletto di Holly e Hobbie per dirla tutta. Il massimo dell’innocenza.
Presi il fazzoletto di Holly e Hobbie per pulirmi il naso. Mi sembrava di sanguinare orrore e stavo lì, a piangere con tutto il corpo e tamponarmi il naso.
Il fazzoletto si inzuppò totalmente. Quando anche l’ultimo lembo ne fu pieno, allora il mio naso, come per magia, smise di sanguinare.
Mi calmai ma non fui più la stessa. Guardai il fazzoletto. Decisi che non lo avrei lavato, che sarebbe rimasto il mio personale monito. Come una specie di promemoria.
E’ dentro uno scatolino. Lo conservo tra le mie cose personali, insieme agli orecchini e agli anelli e a tutto quello che mi segue ovunque. Da allora.
Da quel giorno, il mio diario personale lo dedicai a lei. Scrivevo a lei, come fosse un’amica immaginaria. Mi rivolgevo ad Anna e per me rimase sempre un sentimento speciale. Lessi tutto quello che la riguardava e mi volli informare approfonditamente su quella mostruosità che oggi siamo a ricordare. Insieme a tutte le mostruosità prodotte dall’ingordigia umana. Le stragi, le persecuzioni, la paura del diverso che diventa voglia di annientare tutto ciò che non è usuale.
Forse a qualcuno farà un po’ di ribrezzo pensare a tutto il mio sangue rappreso in un fazzoletto per via di Anna Frank, però mi sembra meglio provare un po’ di ribrezzo che l’indifferenza che spesso aleggia intorno a fatti come l’Olocausto, le guerre intelligenti, gli scontri del TerzoMondo, i massacri nella ex Jugoslavia, le retrovie caucasiche e tutto quello che ci circonda ma spesso non ne vediamo lo spessore.
Per inciso, qualche settimana fa è morta Miep Gies che era l’ultima sopravvissuta di quel diario. La donna che contribuì a salvare i Frank nel tempo regalato che ebbero. Donna di grandi maroni, che ha sempre voluto testimoniare l’orrore, lei che non era ebrea e che se non si fosse compromessa, non avrebbe avuto nessun problema. Come hanno fatto tanti – ma troppo pochi – ha saputo avere uno sguardo critico, non ha seguito l’egoismo, la paura o interessi personalistici e ogni giorno portava – a rischio della sua stessa vita – conforto reale e umano alla famiglia Frank. A lei va un pezzetto della mia memoria, oggi.
Perché sia di esempio alle generazioni future. O meglio perché non ci sia mai più bisogno di persone come lei.
Non riesco ad aggiungere altro, Frò. Grazie.
Anch’io ho provato un forte attaccamento ad Anna, avevo dodici anni quando mi regalarono il suo diario a Natale, e quando andai a teatro alla rappresentazione di uno spettacolo sulla sua vita nel rifugio. Provavo per Anna un grandissimo affetto, come se fosse stata una carissima amica che mi rendeva partecipe di se stessa. La ammiravo perché alla sua età non sarei mai stata in grado di scrivere un diario/documento di elevato spessore culturale e personale come il suo. Comprendevo appieno i suoi sentimenti ambivalenti: l’odio/amore verso la madre, l’amore incondizionato verso il padre, e mi sembrava di vedere davanti a me l’arroganza e la civetteria di Petronilla Van Daan, la personalità opaca di Margot, l’isteria del sig. Van Daan, la timidezza di Peter, la pedanteria del sig. Dussel.
Alle volte ero divorata dai sensi di colpa, chissà se Anna Frank sarebbe stata felice di dividere la sua Kitty con tutti noi? Io le sarò grata per tutta la vita.
grazie per questo post
@lumaca, mammafelice: grazie a voi che mi leggete e mi date fiducia 😉
@tonks: hai saputo esprimere molto bene delle cose che io avevo solo abbozzato. grazie davvero. mi hai fatto pensare tanto
Io non ho mai trovato le parole giuste per spiegre quello che sento ripensando all’olocausto. Ho avuto una prof. al liceo che mi ha fatto innamorare del sapere della curiosità del porsi delle domande e chiedersi perchè…ecco io ancora non ho trovao un perchè non me ne capcito e come te piango, rabbia e sgomento, lacrime di rabbia e sgomento.
Ci sono alcune righe, frasi, pagine sottolineate del Diario che torno spesso a leggere. La mia copia è gialla, con le pagine smangiucchiate: era l’edizione di mia mamma che io spero di passare a mia figlia.
Per non dimenticare!
@sara: che bellissima cosa…nella mia edizione ci sono le mie note a margine. anche un fiore che ho raccolto ad amsterdam quando ci sono andate in inter rail. 😉
Hai detto tutto…..bellissimo post. Grazie
post fantastico..grazie
Non c’è bisogno di dire niente di più.Grazie…
anna ha davvero unito tante persone..sono molto commossanel trovare così tante sue amiche..chissà come ne è felice ovunque lei sia..
Cara Francesca, come sempre non ho parole per come esprimi ciò che hai vissuto e che senti! E’ sempre un piacere!
Non ci sono parole e sfumature da aggiungere, per quanto mi riguarda. Anche io come te ricordo l’angoscia nel scoprire Anna come una ragazzina “già grande” a cui hanno rubato la vita. ciao
è commovente. è tenero quel corpo giovane che risuona con l’orrore, nessuna immagine avrebbe potuto competere con le parole del corpo.
provare orrore aiuta ad imparare l’umano.
rispetto per questo e non solo.
Che bella cosa:) sono felice:)!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
L’ho appena letto per la seconda volta, la prima quando avevo tredici anni e non l’avevo capito molto.. ora sono riuscita a comprendere parti come i monologhi che sono presenti in bel numero nel diario.. tristissimo.