Gli archivi dei blog
Avere un blog per me significa anche, ogni tanto, tornare sui miei passi. Cliccare in archivio, lo stesso mese dell’anno scorso e vedere come ero messa, cosa facevo, come mi andava la vita. Per sapere com’era la situazione un anno fa non ho bisogno dell’archivio: stavo di cacca, piena di pustole e con Villa Borghese come un cantiere.
Però vado lo stesso a leggere delle pulizie e della cucina che non arrivava e dei muratori.
Se ci ripenso che un anno fa c’avevamo un muro sfondato e tutto l’impianto idraulico da fare e che PRATICAMENTE DA SOLI ci siamo smontati la cucina, l’abbiamo portata al macero, e abbiamo spostato mobili e cose da una stanza all’altra per 3 mesi e ho pulito tutta la casa circa 20 volte (che soldi per agenzie specializzate non ce n’erano e qui era tutto un cantiere), se ci ripenso mi dico che siamo stati proprio bravi.
Ma mi dico anche che dovevo aspettarmelo che mi sarei ammalata! Per tre mesi abbiamo vissuto in una stanza piena di scatoloni polverosi, a casa di mia madre. Io passavo le giornate a pulire casa, a scrostare muri e rimettere stucco e cose del genere. E nel frattempo, spesso, ci avevo il corpo talmente dolorante a causa dell’orticaria da non riuscire a estendere totalmente le braccia.
Quando il mio medico mi ha vista e ha guardato i miei esami, mi ha detto che la cosa che lo meravigliava di più, dati i valori IGM del mio sangue, era che riuscissi a reggermi in piedi, ad arrivare a sera viva. Io, per la verità, e lo dico con orgoglio ma anche con tanta coglionaggine, ci ho pure ristrutturato una casa, in quello stato.
Cojonaggine perché allora, in quel 2008 che mi sembra lontano anni luce, io non sapevo proprio cosa voleva dire chiedere aiuto e a costo di arrivare a sera morta, facevo sempre la superfiga che ce la fà e alla fine mi sono ritrovata a piangere per qualsiasi cazzata e con la voglia di buttare dalla finestra la mia frollina.
Ebbene si.
L’ho detto.
Ho capito di essere un poco depressa quando per troppi giorni di seguito mi sono sognata di buttare giù dalla finestra la frollina, che mi rompeva le palle quando piangeva e mi rompeva le palle con le stronzate che sono tipiche di un bimbo. Proprio questo ho pensato: ma pensa te se devo stare dietro a queste stronzate.
Insomma. Ero alla canna del gas. Diciamolo pure. Un cumulo di rabbia rabbiosa che doveva sbollire. Che poi quando fai certi pensieri, secondo me è importante che mantieni la lucidità e prima di autoflagellarti perché ti senti una cattiva madre, conviene fermarsi e dire “oh, oh, qua è meglio che mi dò una riassestata, che mi faccio del bene che ne ho bisogno”.
Invece in questo mondo qua ti insegnano che se pensi delle robe così atroci sui tuoi figli è meglio che non ne parli con nessuno, ti flagelli un poco – pratica abusata dalle femminucce – e riparti a fare finta di essere la mamma del Mulino Bianco.
Che così, secondo me, è un attimo trasformarsi nella Franzoni per davvero.
Invece capita a tutti di avere il momento “lo butto giù dalla finestra” e non è che significa che non gli vuoi bene ma solo che sei alla canna del gas. Poi può essere che invece sei in una fase positiva e ogni tanto lo stesso ti sfiora quel pensiero.
Ma la differenza è che di solito passa come un lampo, sei incazzata e ci sta, ma poi stai di nuovo bene.
Mentre quando sei alla canna del gas che è meglio fermarsi e volersi un poco di bene, ecco la differenza – secondo me – sta tutta nel fatto che quell’incazzo continua a covarti dentro e non c’è speranza di dissiparlo se non a furia di lacrime e rabbia.
E allora il bello di avere un blog è anche però leggere che uno ce l’ha fatta, sapere che tu ce l’hai fatta e che magari torneranno dei momenti così, di canna del gas, ma che poi anche quelli vanno via.
Certe volte ci mettono più tempo, certe altre capita una cosa bella e si porta via in un istante mesi di dolore.
Insomma. Per dire che il bello degli archivi del blog è sapere che la vita è sempre inaspettata anche quando non ti sembra affatto.
Hai davvero ragione.
Il blog trovo che in questo sia molto terapeutico.
Anch’io mi ritrovo a leggere le mie cose passate, a ricordare a come mi sentivo in determinati momenti e pensare di essere riuscita a superarli.
Anch’io in un paio di frangenti, sono stata alla canna del gas.
E ho avuto gli stessi sogni….non proprio di buttare di sotto la vitellina….il mio era un sogno più “acquatico”, diciamo così.
Ed è vero: occorre fermarsi e prendersi cura di se stessi…e parlare parlare parlare parlare (oddio..ora sembro la Sandrelli in “non ci resta che piangere”!!).
Un abbraccio forte.
Hai completamente ragione!
Quando mio figlio era più piccolo i blog non c’erano ancora, però il ricordo è vivissimo…spesso pensavo di voler chiudere gli occhi e ritrovarmi altrove. Non sposata. Non mamma.
E poi mi punivo per questi pensieri “cattivi”.
Per tanto tempo ho sperato di diventare tipo una del Mulino Bianco, ma non ho speranze…
🙂
un abbraccio
Io lo dico sempre che non vivo nella casa del Mulino Bianco….la mia somiglia di più alla Casa Ubriaca della protagonista di Memorie di una Geisha…..
Il bello del blog è anche scriverlo perchè aiuta chi lo scrive e chi legge a sentirsi meno sola. Capitano a tutte momenti difficili quando ci si sente o si è soli ad affrontare le piccole pesti, sapere che è normale e non si è dei mostri è un aiuto grande!
Ho letto questo post e mi è venuto da piangere… si, perchè il pensiero di buttare il pargolo dalla finestra ce l’ho avuto anche io e mi sono immedesimata nella tua pelle… in un attimo sono tornata indietro e mi sono rivista 7 anni e mezzo fa, che davo fuori di matto di brutto… e se non se ne accorgeva il papà chissà dove sarei ora…