La casa della mia infanzia

La casa della mia infanzia aveva le scale dentro e il giardino fuori e in giardino ci stava un cane.

La casa della mia infanzia aveva certi giorni un profumo di pane che non so da dove venisse. E il camino, il camino che ogni tanto la mamma accendeva e noi ci buttavamo dentro le bucce di arancia così usciva un buon odore.

Nel camino ci costruivamo dentro il presepe, nella casa della mia infanzia.

Mia mamma era brava a inventarsi posti sempre nuovi dove costruire il presepe.

La casa della mia infanzia d’estate si riempiva di sole e di biciclette appoggiate al muretto. Noi si correva all’albero con gli amici o sulle scale del garage a giocare, nei pomeriggi torridi di luglio.

Una volta abbiamo fatto uno spettacolo, davanti alla casa della mia infanzia. Era Grease. Era per tutti i vicini.

Ci siamo preparate per mesi con le mie amiche, per fare Grease, per studiare le scenografie e accendere il mangianastri al momento giusto e essere attori e essere ballerine.

Poi abbiamo fissato una data per lo spettacolo, ma in quel giorno lì io ero in vacanza e non ho potuto partecipare. Ma ce l’ho nella mente lo stesso, perché mi ero preparata e le mie amiche mi hanno raccontato a lungo quelle storie.

La casa della mia infanzia vedeva campi di grano dove ora ci sono case. E noi rubavamo le pannocchie al contadino che una volta ha sparato il sale e per poco non ci colpiva che abbiamo preso una gran paura.

E un altro giorno il mio cane si è mangiato un pollo e così il contadino lo ha preso in ostaggio e noi abbiamo dovuto pagare, se no l’uccideva.

E noi abbiamo pagato perché alla Lilly ci volevamo bene, lei e le sue orecchie all’ingiù.

Nella casa della mia infanzia io dormivo sotto, nel seminterrato. Avevo una stanza bellissima, con tanti poster alle pareti, con i miei libri e una scrivania con il vetro e sotto il vetro le foto e le dediche delle mie amiche.

Avevo una radio con cui ascoltavo “Pomeriggio dediche e richieste” su Bologna International mentre facevo i compiti. Una volta ho anche telefonato e la Cristina mi ha messo su “Noi ragazzi di oggi” di Louis Miguel. Io ero molto emozionata. L’ho dedicata alla Simona che era la mia migliore amica.

Nella casa della mia infanzia si mangiava the con i biscotti e si giocava a scala quaranta con la mamma.

Nella casa della mia infanzia ho pianto quando mi sono innamorata, ho riso quando mi sono diplomata, ma non troppo che di cose brutte ne stavano accadendo.

Nella casa della mia infanzia sono entrate persone che ora non ci sono più e pensieri e cose e feste con il pigiama e ho dormito su brandine con le amiche e ho preso il sole in costume fuori, in giardino.

Le sere d’estate uscivo con la bici per il paesello e andavo nella via delle lucciole, dove mille lucine ballavano nell’aria.

Respiravo l’odore forte di ginestra gialla e il profumo del mare che avrei visto di lì a breve. Pedalavo tra i miei sogni e sentivo nello stomaco quel pizzicorino di cose nuove, quello che con il tempo fai sempre più fatica a sentire che lo devi tenere allenato perché è bellissimo. Una specie di stupefazione per la vita.

La casa della mia infanzia distava dieci minuti a piedi dalla mia piscina. Tutte le sere facevo la borsa dell’allenamento e poi via, verso nuove avventure.

La casa della mia infanzia è un luogo che sogno spesso. Non è solo cosa buona, c’è stato anche tanto dolore.

E l’ho salutata troppo in fretta. Con la disperazione che non mi voleva più.

Ogni tanto ci passo davanti alla casa della mia infanzia. Ogni tanto ci entro.

E guardo tutto di fretta. Perché soffermarsi sulle cose non è sempre cosa buona. Perché i ricordi hanno due facce.

Come Giano bifronte.

5 commenti
  1. Il Ciappetto dice:

    Uh…Panza…mi hai fatto venire un po’ di tristessa…vuoi perchè nell’ufficio accanto c’è aria di tragedia (si sta spegnendo la madre di una collega..) vuoi questa casa dell’infanzia che mette sempre una certa malinconia…
    Mi dispiace che ci sia stato anche dolore.
    Ma le cose belle comunque mi sembra di aver letto che sono state tante. Peccato per le pannocchie che non ci sono più..non ti senti un po’ “ragazzo della via Gluck”?
    Anch’io avevo una cagnolina, Virgola. Si è spenta quando è morto mio papà. E ce l’aveva portata a casa lui. E anche la Polda, la gatta, che è vissuta per 18 anni. Ora lei è sepolta nel giardino del condominio. Ma non lo sa nessuno dei condomini…!

  2. Panzallaria dice:

    mi devono venire le mie cose. sono gli ormoni 😉 🙂 mica volevo essere triste eh????

  3. Giusi43 dice:

    Sembra che questo post l’abbia scritto io…….
    Tolta qualche…virgola ( l’ambientazione e l’epoca ), mi calza a pennello, anche con quel velo di malinconia che comunque non guasta…….
    Giusi

  4. Ida dice:

    Calza a pennello anche a me! La casa della mia infanzia era simile alla tua..solo che in me c’è ancora quella “stupefazione per la vita” e quel friccicorio…è bellissimo, non avrei saputo dirlo meglio! baci, Panz!

  5. ABS dice:

    Beh, chi non ha avuto né giardino, né cane, né garage come “rifugio alternativo”, eccetera eccetera, può solo invidiare tutte le situazioni e i momenti resi possibili da ciò. E io infatti invidiavo, e invidio 😀 .

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